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uaderni de La Scaletta

L'arte che si sottrae al flusso perenne per divenire forma, è ciò che opponiamo alle tentazioni del caos

Dietro le quinte

Monica Vitti, anticonformista e libera sul set come nella vita

A giudicare dal senso di una storia personale e non solo artistica, non c’è dubbio che il mood della sua vita sia stato all’insegna di un vero e proprio “canone inverso”. Un modo di intendere il rapporto con se stessa e con gli altri, quello di un’attrice e una donna unica come Monica Vitti, consapevolmente o no. sempre  in controcorrente con le convenzioni dello Spettacolo ma anche con il senso della vita quotidiana.
Lo ha dimostrato fin da quando, nonostante le sue timidezze, a poco più di quattordici anni, fuggì da casa un pomeriggio per esibirsi, per la prima volta e di nascosto dai genitori, su un palcoscenico amatoriale, con la parrucca bianca di una madre spezzata dal dolore per la perdita in guerra di un figlio (era la protagonista de La nemica di  Dario Niccodemi) poi, scegliendo per sempre il teatro e il cinema, in una vita interamente vissuta all’insegna di uno stile unico, sempre fuori da ogni convenzione.
Un anno dopo la sua scomparsa, il 2 febbraio 2022, Monica Vitti continua a dimostrarlo a chi ha continuato ad amarla pur nella sua lunga assenza, per una malattia implacabile, dal mondo e da sé. Per questo quando se n’è andata, al dolore e alla partecipazione si sono aggiunti, per lei, in Italia e nel mondo, i sentimenti di un rispetto e di un amore perfino inatteso che il mondo di chi resta non sempre dedica a chi ci lascia.  Monica si chiamava Maria Luisa Ceciarelli, nata a Roma, il 3 novembre 1931 e, come piaceva a lei aggiungere, Scorpione. Quando se n’è andata davvero, un anno fa, aveva compiuto da qualche mese 90 anni e c’era stato ancora una volta un omaggio affettuoso intorno alla sua immagine per sempre iconica nella nuvola bionda dei capelli e nel colore delicato di un viso che non conosceva il bisturi.
Vent’anni fa le sue ultime apparizioni in pubblico; per decenni i “titoli” d’onore di una biografia fatta di successi: Monica ”musa di Michelangelo Antonioni”, la Vitti “colonnello” al femminile della commedia all’italiana al fianco di Alberto Sordi, poi regista, sempre sceneggiatrice di se stessa, attenta a dare delle donne un’immagine che attraverso i suoi personaggi le ha rese protagoniste di un cambiamento forte vissuto proprio attraverso i personaggi che ha regalato al pubblico internazionale prima con la tetralogia dell’incomunicabilità, condivisa con Antonioni, poi nella commedia in cui è stata un’autentica mattatrice.
Ma com’era e com’è cambiata negli anni?  Maria Luisa da bambina era cresciuta in Sicilia, e a Napoli, poi con la famiglia era tornata a Roma, dov’era nata, passando il pomeriggio, sempre solitaria, immersa nelle pagine dei libri che amava, sulle panchine di via di Villa Massimo, ai giardini vicini a casa. Una ragazzina, poi un’adolescente, innamorata da sempre della lettura, dei sogni ma soprattutto del teatro: esibirsi era il suo gioco preferito insieme ad uno dei suoi due fratelli che era il suo “complice”. Insieme da piccoli intrattenevano gli altri bambini ogni volta che suonava la sirena dell’allarme per i bombardamenti e si correva tutti al rifugio esorcizzando la paura. Lei non lo sapeva ma già allora, con quelle “faccine” (disegnate sulle dita) dei personaggi che metteva in scena già aveva cominciato a vivere la sua passione per il teatro…
A quei tempi in famiglia la chiamavano “settesottane” perché era sempre troppo coperta, poi “bruttisogni” perché aveva sempre gli incubi: quella bambina così timida e spesso silenziosa non sapeva ancora che proprio in quel mondo avrebbe trovato la svolta della vita ma recitare presto diventò il suo obiettivo. Accadde quando finita la scuola scoprì l’esistenza dell’ Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Un colpo di fulmine e fu la svolta: a dispetto di una fortissima resistenza familiare e di mille difficoltà da superare entrare in Accademia fu determinante per trovare la sua strada.
L’incontro con un professore come Sergio Tofano, proprio l’inventore di un personaggio molto popolare come il “Signor Bonaventura”, fu poi fondamentale per vincere le insicurezze: tra i suoi insegnanti fu una vera guida. Capì subito quale sarebbe stato il suo futuro e dopo le prime prove in palcoscenico fu proprio lui a dirle senza troppi giri di parole: «Sei perfetta per far ridere ma devi cambiare il tuo nome, il tuo Maria Luisa Ceciarelli proprio non funziona…». Maria Luisa seguì quel consiglio come un ordine: prese carta e penna e giocando con le sillabe rubò metà del cognome a sua madre -che si chiamava Vittiglia- e il nome, Monica, alla protagonista di un romanzo che aveva amato. Con l’approvazione di Tofano, per lei fu l’inizio di una nuova vita, l’inizio della “sua” vita.
Quell’avventura cominciò in realtà molto lontano dal cinema: per i primi anni per lei fu solo teatro classico poi arrivarono le commedie di Feydeau e il doppiaggio. Da lì, finalmente, il cinema: piccole cose che tendeva a voler dimenticare, poi il debutto sul set nel ’55, accanto a due protagonisti già inarrivabili come Valentina Cortese e Gabriele Ferzetti. Nell’incontro con Michelangelo Antonioni, finalmente, la sua nuova identità: Monica sa ormai che le riesce bene far ridere ma con Antonioni nasce il suo cotè più impegnato: diventa la sua musa, l’icona dell’incomunicabilità, esplode anche nel mondo con L’avventura che conquista Cannes e Parigi, poi arrivano La notte, L’eclisse e con una parentesi di breve distacco da Antonioni (con una stagione italo-francese e di nuovo nella commedia) il quarto titolo degli anni di forte impegno intellettuale, Deserto rosso.
Arriva con il ‘68 una ventata di novità anche per lei: Monica si schiera subito con la contestazione al Festival di Cannes e sull’onda della Nouvelle Vague sente il cambiamento anche nelle scelte artistiche: il Maggio francese ha avviato un cambiamento forte nel costume e nella società. È una vera e propria rivoluzione che contagia anche il cinema così quando Mario Monicelli la vuole ad ogni costo accetta di trasformare il suo biondo in un sicilianissimo look con la treccia nera e con il look castigato de La ragazza con la pistola nasce il personaggio che segna il cambiamento più forte della sua carriera. È il 1972 quando arriva sullo schermo con l’immagine di Assunta, la siciliana che insegue a Londra per vendicarsi l’uomo che l’ha disonorata per scoprire, e far scoprire, invece, a sorpresa al pubblico dei suoi spettatori che le donne in quel passaggio cruciale tra il ‘68 e i primi anni 70 non solo nella swingin London hanno  una nuova vita  di emancipazione e libertà.
È ancora una volta una prova del suo anticonformismo assoluto, il segno di quel “canone inverso” di quella libertà di vivere controcorrente che non ha mai smentito, nel cinema e nel privato. Come negarlo di fronte alla sua storia? Basterebbe rileggere in filigrana, oltre i titoli e la comicità dei suoi film, la sua sfida ad una certa abitudine “maschilista” fin dalla scrittura delle commedie di quegli anni: quando arriva Monica il suo personalissimo tocco aggiunge sempre una sfumatura in più nella rappresentazione delle donne e delle storie che interpreta: non risparmia suggerimenti e incursioni nelle sceneggiature anche se a dirigerla ci sono veri e propri maestri del genere come Dino Risi, Ettore Scola, Gigi Magni e con la stessa personalità va in scena con  Eduardo, brilla in coppia con Alberto Sordi in Polvere di stelle e intanto, su un cotè più impegnato arriva sui set di autori come Jancso, Bunuel, Cayatte.
Non solo: rivedendo il film della sua vita è evidente quanto per lei sia stata importante la condivisione, sia con i registi che con gli uomini della sua vita. Alla complicità importante con Antonioni, segue, non solo sul set, la sintonia che trasforma in registi i suoi compagni di vita: è successo con “Michele” come chiamava Antonioni, poi con il suo direttore della fotografia preferito, Carlo Di Palma, infine con il fotografo Roberto Russo che con lei ha debuttato alla regia  con Flirt regalandole l’Orso come migliore attrice  (a Berlino nel 1983), uno dei premi più ambiti come il Leone d’oro alla carriera di Venezia, i 5  David, i 12 i Globi d’oro e i 3 i  Nastri d’Argento. Nel 1990 la sua unica regia (Scandalo segreto), mentre in teatro porta anche  La strana coppia e Prima pagina nate per un duetto decisamente al maschile…
Con la stessa voglia di andare in scena cambiando pelle e sempre con un’assoluta prova di coerenza col suo stile controcorrente Vitti è stata anche Modesty Blaise, Tosca, Dea, regina dell’avanspettacolo con lo stomaco sempre vuoto, Mimì Bluette ma anche Teresa la ladra, reinventata con Dacia Maraini e quando, alla fine della sua carriera, è arrivata anche alla regia  condividendo prove pensate insieme a Roberto Russo come Flirt e Francesca è mia (la battuta di Deserto rosso, che aveva fatto ironizzare qualche critico), sembrava lontana anni luce dalla rivoluzione che il suo stile ha siglato con coerenza innanzitutto nella commedia.
La Monica “settesottane” dell’adolescenza è stata capace, insomma, di trasformarsi in una donna dai mille talenti, che ci ha parlato di sé e del suo rapporto col cinema perfino con il titolo della trasmissione che l’aveva portata a raccontarlo in tv Passione mia, il mondo nel quale resta ora in un immaginario da grande, grandissimo schermo, che il mondo dello spettacolo e gli appassionati dei suoi film continueranno ad apprezzare anche ora che, veramente, dopo il lungo addio di un tempo discreto e amorevolmente protetto da Roberto Russo,  è andata via.
Passione. Certo è  la parola migliore per sintetizzare il suo rapporto con una vita dedicata al cinema e sembra impossibile pensare che nonostante le sue insicurezze, la piccola Maria Luisa sia diventata la donna e l’attrice fantasticamente libera che continuiamo ad amare…
Non dimentichiamo gli inizi della sua storia in una casa dove non abitava la sincerità e non era previsto neanche “il diritto alla domanda” e dove la regola di educazione era che “non si devono fare perché fanno correre molti rischi …” Mai una bugia per lei che, invece, proprio contro quella “regola” familiare, amava la sincerità nella vita, sul set e in palcoscenico dove le emozioni condivise col pubblico, come diceva, per un attore valgono più della paga perché nascono invece da un rapporto vero, spontaneo.
Oggi, rileggendo le sue parole e risentendole nel ricordo della sua voce roca, sensuale, inconfondibile, chi ha avuto la fortuna di condividere il privilegio della sua confidenza sa che la lezione più importante che  ci lascia è proprio la coerenza del suo anticonformismo e della sua sincerità, un modo di affrontare la vita che è stato, in fondo, la sua sicurezza e che resta nel ricordo di quell’ eterna e meravigliosa ragazza bionda che continueremo a ricordare nella straordinaria passione dell’ amore accudente di Roberto Russo ma anche negli anni lontani della prima  “folgorazione”  che l’incontro con Michelangelo Antonioni ci consegna, ancora oggi, in quel suo modo di essere diversa dalla femminilità del suo tempo quando la sua bellezza era subito apparsa fuori dai canoni tradizionali del tempo e la sua fisicità così lontana dalle misure e dalla “concorrenza” delle maggiorate.
Raccontava Antonioni: «La prima volta che l’ho vista è stato a teatro .. Formidabile e anche molto bella, il che è raro in Italia…». Le attrici comiche italiane dell’epoca in effetti non dovevano essere belle, piuttosto interessanti e soprattutto capaci di un’ironia che gli sceneggiatori attribuivano, di solito, ai caratteri delle “bruttine”. Secondo Antonioni invece Monica aveva anche quella chance, e, nella differenza con tutte le altre, poteva contare, però, soprattutto sul suo stile e su una personalità che – con qualche rara eccezione – per quei tempi era quasi una rarità.
Fu lui, per primo, a capire che Monica, con quella professionalità capace di poter sostenere ruoli drammatici e comici con la stessa sicurezza, era una donna speciale. Andò a trovarla al doppiaggio: lui in piedi dietro di lei, lei al microfono nel buio. E le disse: «Sa che ha una bella nuca? Può fare del cinema!». E lei, con ironia pronta e disarmante, rispose: «Sempre di spalle?».
Aveva già vinto. Nacque una coppia non solo cinematografica come sappiamo, ma soprattutto molto presto arrivò L’Avventura: era il loro film e per Monica fu davvero l’inizio di una meravigliosa avventura attraverso la quale Maria Luisa cambiò per sempre la sua vita.

Laura Delli Colli
(Giornalista e scrittrice)
Immagine tratta dalla copertina del libro, Monica. Vita di una donna irripetibile di Laura Delli Colli. Ed. RaiLibri
Immagine tratta dalla copertina del libro "Monica. Vita di una donna irripetibile" di Laura Delli Colli. Ed. RaiLibri

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