Della pura magnificenza delle armonie celeste a noi non è concesso che un fioco riflesso, un’eco remota…
Ogni stella della nostra galassia si muove a velocità elevate (impercettibile nell’arco di una vita umana) attorno al centro della Via Lattea. Questo fenomeno è noto come “moto proprio”, ovvero lo spostamento reale delle stelle rispetto al nostro punto di osservazione nel tempo.
La luce delle stelle è attratta dai fiori trasparenti
Nel duplice anelito verso l’alto, sottigliezza e splendore, e verso il basso, ricerca di alimento e consistenza, la vita fa della terra il suo guscio, un corpo planetario che incarna la condensata palpitazione del cosmo, e proprio nel buio delle sue viscere abita un fuoco, un brivido, che procede verso la parola, l’oggetto magico, il soffio iniziale, emissione di fremito significante precedente il linguaggio, vergine di ogni intento o deduzione logica, di ogni dominio.
Nell’idea del poeta e filosofo tedesco Novalis (Friedrich Leopold von Hardenberg ) in ogni parola vi è uno spirito da essa evocata, ma tale potenza evocatrice si attua solo attraverso il contributo dell’uomo, in quanto egli possiede la coscienza spirituale di quell’essenza che la parola esprime.
La poesia è l’assoluta unità dello spirito nella sua convergente totalità. È lo spirito stesso messo a fuoco con tutti i suoi raggi, un’avventura verso l’assoluto. Scrivere poesia è seminare stelle, è tradurre il silenzio.
Il futuro è l’ombra del passato, è all’origine. Nulla accade tranne il tempo
In una raffinata e centrale espressione delle sue riflessioni distensio animi (Confessioni XI, 26.33), Sant’Agostino (Doctor Gratiae, padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, 354-430 d. C.) afferma che l’anima è distesa tra ciò che ricorda e ciò che attende. Non vive in un eterno presente puntiforme, ma in una continua tensione tra passato e futuro, raccolta nell’attenzione al presente. Per Agostino, l’uomo non è semplicemente un essere che passa nel tempo, ma una creatura capace di tenere insieme ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà. La memoria, l’attenzione e l’attesa sono le tre forme con cui l’anima si misura col tempo. Non misuriamo il tempo perché lo possediamo fuori di noi, ma perché lo custodiamo in noi, in quanto tratto costitutivo della nostra coscienza.
Il vento non passa, è sempre in arrivo e nonostante l’azione speculativa dell’intelletto, la teoria della relatività generale e la meccanica quantistica hanno messo drammaticamente in discussione la visione classica del tempo, cioè di un tempo dotato di indipendenza (da chi o cosa è nel tempo), unicità (lo stesso dappertutto), direzione (il volgere dal passato al futuro). Ma è ancora nel movimento impercettibile della polvere, nel disegno manierista di una costellazione che è scritta la meccanica dell’universo, la conta del tempo che non torna.
Dei celesti riti torna talvolta nel tempo, un lampo
Il vero artista non imita la natura ma ha come obiettivo quello di porsi nelle condizioni di generare spontaneamente, come la natura.
Orfeo, il dio della cetra che incanta il bosco e le fiere con la sua musica, conosce l’essere e il non-essere, la dolorosa e terribile caducità della vita che pure, canta e celebra, e infine nel cuore di una nuova luce che lo accoglie, vince le stesse Menadi che lo dilaniano, perché la sua arte è puro ordine e bellezza. Anche dopo la morte, Orfeo continua a vivere nella natura, negli alberi e negli uccelli, in cui si dissolve panteisticamente. L’albero matura il frutto nel silenzio, il frutto si scioglie nella bocca e diviene puro piacere.
L’arte in generale è l’effetto di un’epifania, dell’irruzione nel tessuto della vita di qualcosa che ci fa sussultare, che ci risveglia e può riportarci alla nostra più autentica e profonda identità. Un cavare fuori grammatiche estetiche dalle sofferenze, dalle gioie e dai dolori, dagli inaridimenti di tutti i giorni.
Dall’avvento del Surrealismo negli anni Venti del secolo scorso, una lotta è cominciata tra la verità scientifica e quella poetica. Quest’ultima combatte senza tregua per conquistare la sua luce , perché venga riconosciuta la necessità incontestabile della verità poetica nella vita quotidiana. L’angoscia dell’uomo moderno è generata dal monopolio della verità che si dà alla scienza cosiddetta esatta, ed è per tale motivo che la battaglia intrapresa dal Surrealismo è lontana ancora dall’aver conquistato la vittoria finale sulla verità scientifica. Nell’antichità, l’umanità disseminata nei quattro angoli della terra, visse principalmente di diverse forme di verità sacra o divina, ed oggi si comprende come questa verità, fosse nient’altro che la forma più primitiva di quella poetica. I poeti hanno tentato allora, anche inconsciamente, di reintegrare nella vita di questo tempo, la verità sacra dell’antichità più remota, ma per questo, molti di loro sono ricaduti in un freddo misticismo di nebbie.
Se l’uomo contemporaneo accetta di vedere la verità pratica vincere su ogni fronte, ad essa le arti più sublimi continuano ad opporre insormontabili barricate.
Un cielo d’oro e di veloci bufere di marmo
I rami di un tronco paiono crescere apparentemente a caso, ma in realtà obbediscono a un sistema preciso, perché si allungheranno così e non di più, il giusto per dare a quell’albero la fisionomia che lo farà riconoscere.
L’arte deve essere libera, rappresentare il proprio tempo in modo sovversivo e audace, contro ogni forma di ignobile clausura e contro l’effimero, imposto oggi come valore ultimo. Il Barocco (ideale fusione di sentimento e pensiero), il magnifico stile italiano affermatosi nel diciassettesimo secolo, (il secolo delle scoperte astronomiche, dei sovrani assoluti, della Controriforma…), dimostrò che non esisteva solo il nitore della “sottrazione”, ma pure uno splendore inoffuscabile fatto di aggiunte ed orpelli, di enfietà.
Soffici petali di giacinti tra veloci bufere di marmo per nutrire l’anima.