Sono le note, come uccelli che si sfiorano, che si inseguono salendo sempre più in alto, sino all’estasi…

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George Sand, la rivoluzionaria amante di Chopin

La prima volta che ho sentito parlar male di George Sand è stato diversi anni fa, al termine di una presentazione del mio romanzo La sorella di Mozart. Era stata una serata ben riuscita, arricchita da letture, musica e interventi del pubblico; ma non appena lo spettacolo finì, mi si avvicinò un uomo dall’aria truce che, inaspettatamente, iniziò a inveire contro la scrittrice francese. La definì una mantide religiosa, una lince mascherata da gattina, una predatrice in abiti di seta che, dopo aver sedotto Chopin, l’aveva rovinato, abbandonato e praticamente ucciso.
In tempi più recenti ho realizzato il podcast Chopin visto da me (con la collaborazione della musicologa Elena Bittasi e del producer Gabriele Beretta). In uno degli episodi la persona intervistata, una pianista concertista, donna colta e appassionata, ha parlato di George Sand come di “una maledizione” per il povero Chopin.
Niente di nuovo, per la verità: è dal lontano Ottocento che gli estimatori del musicista se la prendono con la scrittrice, e che le estimatrici della scrittrice tentano di difenderla. Appartenendo alla seconda schiera, ho scritto L’amante di Chopin (Marcos y Marcos, 2023) mossa dal desiderio di tracciare di George Sand un ritratto il più possibile sfaccettato ed equo. Il titolo del romanzo, naturalmente, è ironico. Quello di amante del pianista compositore polacco è solo uno dei tanti ruoli che le sono stati cuciti addosso; la vicenda dell’autrice francese inizia ben prima dell’incontro con Chopin.
È il 1831 quando una giovane di ventisette anni lascia le campagne del Berry, nel cuore della Francia, per trasferirsi a Parigi: si chiama Aurore Dupin ed è reduce da un matrimonio con un uomo infedele e violento. Decisa a non assoggettarsi al potere maschile e a guadagnarsi da vivere con la scrittura, inizia a frequentare ambienti artistici e letterari; per risparmiare e per praticità, indossa spesso abiti da uomo; scrive prima racconti in coppia con Jules Sandeau, poi romanzi per conto proprio, firmandosi George Sand, e si impone sulla scena letteraria francese, nonché internazionale, con una voce originale, potente e intellettualmente autorevole. Non si cura delle malelingue e non nasconde le numerose relazioni amorose che intreccia: rivendica la libertà di vivere come desidera.
Per inciso, il sospetto che una donna di tal fatta desse fastidio allora, e ne dia persino oggi, e che venga biasimata essenzialmente per questo, è molto forte. Quando conosce Chopin, alla fine del 1836, George ha alle spalle una tormentosa relazione con Alfred de Musset e non vorrebbe più legarsi a “grandi uomini”, ma è sedotta dalla musica del pianista polacco e dalle emozioni profondissime che le sue improvvisazioni suscitano in lei.
La loro unione appare improbabile a non pochi dei loro amici; del resto, i due amanti non potrebbero essere più diversi. George Sand ha idee socialiste e propugna la rivoluzione, Fryderyk Chopin è un conservatore; lei è energica e determinata, sempre pronta a nuove avventure, lui fragile e ipocondriaco. Eppure, è probabile che la vera forza della coppia sia proprio nel dialogo fra le reciproche differenze e nella rinuncia al tentativo di appianarle.
D’inverno, a Parigi, i due fanno vita di società, circondati dai massimi artisti di quell’epoca d’oro; d’estate si spostano nel Berry, nella villa di famiglia di George, dove Chopin ha agio di comporre le sue opere migliori. Finché, ahinoi, le cose non precipitano…
Nel mio romanzo c’è molta musica, naturalmente, ma anche politica, psicologia, passione civile. C’è ironia, l’antidoto più efficace alla retorica. C’è il teatro, presente dall’inizio alla fine in quella che si definisce una “cornice narrativa”. C’è la Francia e c’è l’Italia, dove Sand viaggiò e soggiornò più volte; e c’è la mia personale convinzione che il tempo (o, se vogliamo, Crono) non sia tanto un’entità che consuma, quanto un filtro che conserva ciò che si rivela necessario. Forse i romanzi di George Sand non hanno retto alla prova dei secoli quanto quelli di Dumas o di Hugo, suoi coetanei, ma la sua figura sì: la sua autonomia, la sua intelligenza, il suo esempio sono tuttora vivi e ci interpellano.

L’amante di Chopin
fa parte di un trittico di romanzi che ho dedicato a tre grandi compositori, raccontati da tre donne che hanno avuto un ruolo fondamentale nella loro vita: Maria Anna “Nannerl” Mozart,la protagonista de La sorella di Mozart; George Sand, appunto, e Johanna van Beethoven, nata Reiss, la cognata del genio di Bonn, protagonista di Signora Beethoven (tutti pubblicati da Marcos y Marcos). Ho inteso restituire dignità a figure femminili che la storiografia e il mito hanno relegato in secondo piano, ridotto al silenzio o screditato. È stato un percorso di scrittura, ma anche la manifestazione di una necessità interiore. Credo infatti che ci sia ancora bisogno di modelli come George Sand, e che ce ne sarà finché si continuerà a parlare con sufficienza o disprezzo delle donne anticonformiste, autonome e provocatorie.
Scrivere di lei è stato un modo per riflettere sul rapporto tra giudizio e pregiudizio, e per offrire al lettore non tanto la ricostruzione di un’epoca, quanto un incontro vivo con una donna che non smette di interrogare il nostro presente.

Rita Charbonnier
(Scrittrice, sceneggiatrice e attrice)
1) L'amante di Chopin
L'amante di Chopin
2) Statua di George Sand, Jardin du Luxembourg, Parigi (foto di Couscouschocolat, CC BY 2.0 )
Statua di George Sand: Jardin du Luxembourg, Parigi (foto di Couscouschocolat, CC BY 2.0 )
3) Rita Charbonnier (foto di Simona Pesce)
Rita Charbonnier (foto di Simona Pesce)

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