Care lettrici, cari lettori,
è una felice coincidenza che i “Quaderni De La Scaletta” abbiano scelto, per questo numero della pubblicazione, un tema su cui a tutti noi capita spesso di interrogarci: crono, il tempo.
Quando lunedì 6 ottobre 2025 ho varcato la soglia del Museo Archeologico Nazionale di Napoli per la prima volta nelle vesti di Direttore Generale ho vissuto, con ogni probabilità, un cortocircuito temporale: quali erano i confini tra il tempo di Francesco Sirano, archeologo, funzionario dello Stato, al capo per otto anni e mezzo del Parco Archeologico di Ercolano, e i tempi lunghissimi delle migliaia di reperti custoditi da un edificio che, a propria volta, ha una storia ancora diversa? Quale sarebbe stato il nostro terreno di incontro: il passato? Il presente? Il futuro?
In fondo un Museo è anche un grande luogo di ricomposizione dei tanti tempi che caratterizzano la vita delle cose che esso contiene ed espone. Ogni cosa vive molte volte e si carica di tanti e diversi significati anche quando non esiste più o sia stata ridotta, per i più svariati motivi, a parte del tutto che un tempo era. Ogni statua del Museo di Napoli potrebbe essere in questo senso una sorta di capsula per un viaggio temporale da quando fu creata e caricata di valori e messaggi dalla sua committenza, a quando cessò il suo utilizzo, o parti di essa furono riutilizzate per farne calce, fino al tempo in cui fu ritrovata, restaurata, in certe epoche integrata e chiamata a nuova vita, in un nuovo contesto, come i pezzi della Collezione Farnese, una delle colonne portanti del MANN, ci insegnano.
Se poi le idee per propria natura, fanno sempre un salto in avanti, allora a maggior ragione posso immaginare che il futuro sia la prima dimensione temporale sotto la cui lente sto guardando, proprio oggi, il MANN: un Museo che avrà una nuova sede espositiva in un’ala dell’Albergo dei Poveri, un Museo internazionale, capace di dialogare con grandi istituzioni per nuovi progetti di ricerca, ma anche un Museo vicino al quartiere, alla città, alle persone che scelgono Napoli come tappa di vita o di viaggio.
Nel mio passato recentissimo, dopo aver saputo gli esiti del concorso per guidare il MANN, ho scelto di incontrare i dipendenti dell’Archeologico: come in un’intervista, ho voluto conoscere le persone prima dei dipendenti e ho chiesto a ciascuno di loro di darmi un consiglio. Come mi sarei dovuto comportare, domani, di fronte alle grandi sfide che il mio incarico di responsabilità mi presenta oggi?
Molti mi hanno invitato a non rinunciare mai al dialogo; qualcuno mi ha esortato a mantenere salda una visione lineare e autonoma; altri mi hanno indirizzato in maniera più concreta, mettendo al primo posto le tante questioni organizzative e logistiche che un manager della cultura deve fronteggiare ogni giorno. Nel chiedere e nell’ascoltare mi sono reso conto che intervistatore e intervistato tendono a parlare al futuro, ma tutti noi (e questo pronome personale al plurale è significativo), mettiamo nei nostri progetti la visione che in fondo abbiamo maturato ieri e l’esperienza che oggi ci brucia sulla pelle: tre tempi insieme con uno sguardo comune verso l’orizzonte.
Mi piace pensare che il nostro Museo di domani, quello che vivremo nei prossimi quattro anni, seguirà fili interconnessi, visibili nelle grandi mostre o negli allestimenti, invisibili nelle narrazioni digitali: sarà il MANN del Mosaico di Alessandro presentato nuovamente in una visione pavimentale dopo la complessa e inedita campagna di restauro che darà luce alla bellezza di circa due milioni di tessere colorate; sarà il MANN dei grandi ambienti del piano seminterrato, agorà per mostre ed eventi; sarà il MANN del nuovo allestimento della Villa dei Papiri, delle sezioni sulla Tecnologia Romana e su Napoli antica; sarà il MANN delle mostre archeologiche rivolte al multimediale, come i percorsi sulla Sirena Partenope e, in occasione dell’America’s Cup, del focus che immagino dedicato alle navi e alla navigazione; sarà il MANN dei depositi riorganizzati e “riconsegnati” alla collettività, della biblioteca che, pur essendo non sempre conosciuta, svela volumi di straordinaria bellezza e degli Archivi storico e fotografico, dove aggiungere tasselli e curiosità al proprio bagaglio di conoscenza.
Sarà certamente il Museo delle persone, i visitatori (appassionati e autodidatti, esperti e desiderosi di apprendere, bambini, ragazzi, adulti, anziani) e i dipendenti, tutti in una rete che ci “mette la faccia” acquistando un biglietto di ingresso, raccontando al vicino di casa l’incanto di una sala o di un reperto, sperimentando il fascino di lavorare in un luogo unico, da amare veramente. In questa carrellata di volti, parole, emozioni, immagino anche me stesso, naturalmente: un direttore d’orchestra che non può rinunciare alla coesione con i propri musicisti; dirigere un Museo che, come il MANN, ha un prestigio indiscutibile nello scenario internazionale, non è infatti un mestiere da solisti.
E, così, anche tra quattro anni, quando spero di godere insieme al mio staff e alla città di un grande lavoro di cui sono orgoglioso, mi rivedo forse con la stessa attitudine: a progettare, a dialogare, a porre domande, a costruire iniziative per aprire sale, illuminare angoli apparentemente bui, trovare prospettive inedite.
In fondo, carissime lettrici e carissimi lettori, come dice Ivano Fossati in una canzone e come ci suggerisce il tema di questa pubblicazione, “c’è tempo”: “un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare, un tempo sognato che bisognava sognare”.
Insieme, naturalmente, aggiungo io.




