Il libro Da Spaccanapoli, Napoli e ritorno a Nofi di Annalisa Carbone, edito da Dante & Descartes nell’aprile del 2025, si configura come un’opera di equilibrio critico che mira a restituire la complessità dell’universo creativo di Domenico Rea attraverso un approccio che coniuga rigore filologico e sensibilità interpretativa. L’autrice intende offrire in questa sede una lettura articolata e penetrante di uno scrittore che ha saputo fare della propria napoletanità non un limite geografico, ma una chiave universale di lettura dell’esistenza umana.
Il volume punta a decifrare il rapporto osmotico che lega Domenico Rea alla sua città natale. Napoli non emerge mai come semplice scenario narrativo, ma si trasforma in un vero e proprio “cronotopo” – per usare la definizione bakhtiniana opportunamente richiamata – dove spazio e tempo si fondono in un’unità significante. La grande arteria di Spaccanapoli, che dà il titolo alla celebre silloge narrativa d’esordio di Rea, diventa così il simbolo di una lacerazione che attraversa non solo il corpo urbano, ma l’anima stessa di una civiltà sospesa tra tradizione e modernità.
Le pagine che si rincorrono numerose e che sostanzialmente analizzano gli articoli da Rea raccolti all’interno del mensile sportivo “il napoletano” di cui lo scrittore fu direttore ed editorialista tra il 1975 e il 1976, intendono analizzare come lo scrittore napoletano sia riuscito a evitare le trappole del folklore e del provincialismo, trasformando invece la specificità del suo mondo in materia di riflessione universale. La Napoli di Rea, attraverso l’interpretazione dell’autrice, emerge come “un laboratorio dell’umano” dove le contraddizioni sociali e esistenziali si fanno più acute e dunque più significative.
Di particolare interesse risulta la sezione dedicata all’attività giornalistica di Rea, troppo spesso considerata marginale rispetto alla produzione narrativa. Tale prospettiva è totalmente ribaltata per dimostrare come il giornalismo sia stato per lo scrittore napoletano una vera e propria “palestra dello sguardo”, un esercizio quotidiano di osservazione della realtà che ha nutrito e arricchito la sua vena creativa.
L’analisi della rivista diretta da Rea a partire dal 1975 è esemplare in questo senso per cogliere il tentativo dello scrittore di creare un ponte tra cultura alta e cultura popolare, utilizzando lo sport – e il calcio in particolare – come veicolo di riflessione sociale e civile.
Non si tratta di concessioni al gusto del pubblico, ma di una strategia culturale più ampia, tesa a intercettare “la pluralità di voci e di registri” di una società in trasformazione.
Uno degli aspetti più interessanti risulta la ricostruzione del clima intellettuale del secondo dopoguerra napoletano. L’autrice colloca Rea all’interno di quella generazione di scrittori meridionali che hanno sentito l’urgenza di un impegno civile e culturale, senza mai rinunciare alla qualità letteraria delle loro opere. La citazione di Benjamin, posta strategicamente in apertura dell’analisi, non è casuale: essa illumina infatti il progetto culturale di Rea e dei suoi collaboratori, teso a “rendere noto lo spirito della propria epoca” senza cedere alle lusinghe dell’attualità fine a se stessa.
Il tentativo di Rea di costruire “una nuova civiltà del vivere e del pensare” emerge dalla ricostruzione dell’autrice come un progetto di ampio respiro, che coinvolge non solo Napoli e il Meridione, ma l’Italia intera e, in definitiva, “l’umanità in toto”. È questa dimensione universalistica che salva lo scrittore napoletano dal rischio del particolarismo e ne fa un interprete autentico della condizione umana contemporanea.
L’attenzione è rivolta anche agli “intrecci tra letteratura e visualità” nell’opera di Rea. L’analisi della copertina del primo numero della rivista, con la veduta dall’alto di Spaccanapoli, testimonia la sensibilità dell’autrice per quegli aspetti della produzione reana che anticipano la moderna cultura del visivo. Questo approccio metodologico, ancora poco praticato negli studi letterari italiani, apre prospettive di ricerca innovative e promettenti.
L’obiettivo principale di questo studio risiede nel tentativo di far emergere l’attualità di un autore che, attraverso la rappresentazione del suo microcosmo meridionale, ha saputo intercettare questioni e problemi che attraversano l’intera esperienza umana contemporanea. In tempi di crescente provincialismo culturale, la lezione di Rea acquista un valore ancora maggiore: quella di un intellettuale capace di radicarsi nel proprio territorio per meglio comprendere e rappresentare la complessità del mondo intero.



