C’è un filo sottile, ma tenace, che lega le radici alla visione, l’eredità alla proiezione. Questo filo, che possiamo chiamare identità, si fa tessuto vivo quando viene custodito, interpretato e proiettato nel tempo. È quanto accaduto con il progetto Archivi Olivetti: il Dynamic brand dell’Associazione Archivio Storico Olivetti, ideato da Cappelli Identity Design, che ha ricevuto la Menzione d’Onore all’ADI Compasso d’Oro International Award 2025, uno dei più prestigiosi riconoscimenti nel campo del design.
È un premio che non celebra soltanto un progetto di identità, ma riconosce un’operazione culturale. Come scrivevo nella rubrica Sotto stelle impassibili, quando il design, l’arte, la creatività umana abbracciano la memoria come risorsa, diventano veicolo per interpretare il passato e creare il futuro. Emerge così la consapevolezza che la memoria non è solo un archivio statico, ma un dinamico serbatoio di ispirazione che guida l’evoluzione delle creazioni.
Proprio da questa consapevolezza nasce il lavoro condiviso con l’Associazione Archivio Storico Olivetti, un luogo vivo di pensiero, simbolo dell’eredità industriale, sociale e intellettuale di uno dei brand più visionari del Novecento italiano. Cappelli Identity Design ha lavorato sull’identità dell’Archivio come si lavora su una materia viva: leggendo, ascoltando, e traducendo in progetto. Il risultato è un Dynamic brand, un sistema d’identità che evolve nel tempo e nello spazio, connesso ai suoi pubblici e ai suoi contesti, frutto di un metodo che ha trovato spazio anche sulle pagine de I Quaderni de La Scaletta.
Come scrive Emanuele Cappelli nel suo contributo a questa rubrica Istruzioni per costruire ponti: l’identità non è staticità, ma relazione. Un’identità vive se incontra, se cambia, se si lascia contaminare. Il Dynamic brand nasce per questo: per creare connessioni vive tra le persone, i luoghi, i valori.
Questo approccio ha permesso di costruire una nuova immagine per gli Archivi Olivetti che non ne tradisce l’eredità, ma la rilancia. Come dichiara Cappelli: «Olivetti ha saputo immaginare il futuro prima che arrivasse e l’Archivio è l’organo depositario di questa visione. Per questo abbiamo scelto di disegnare un’immagine identitaria, sistemica e dinamica in piena coerenza con l’approccio olivettiano, dove il design viene considerato un atto culturale per la comunità».
È un’identità che vive tra tipografia dinamica (Olivetti Type Lettera 22 Variable), modularità visiva, dialogo con il tempo e con lo spazio, che diventa atto politico, sociale, partecipato. Una visione che parla la lingua dell’oggi ma guarda oltre.
La giuria internazionale del ADI Compasso d’Oro International Award 2025, riunitasi a Milano il 22 maggio, ha riconosciuto questa tensione progettuale come uno degli elementi capaci di esprimere una visione forte del futuro, premiando il progetto durante la cerimonia del 5 settembre, al Padiglione Italia di Expo 2025 Osaka.
Come ha dichiarato Gaetano di Tondo, Presidente dell’Associazione Archivio Storico Olivetti, «Questa menzione si inserisce nel percorso congiunto dell’Associazione Archivio Storico Olivetti e dello studio Cappelli Identity Design – soci dell’Associazione dal 2022 – per valorizzare la memoria produttiva, grafica e intellettuale di uno dei brand più influenti del Novecento, proiettando l’Associazione verso il futuro ed un pubblico sempre più contemporaneo e internazionale». Un riconoscimento che diventa occasione per rilanciare una riflessione sul design come scelta culturale e civile. Una scelta che parte dagli archivi — intesi come luoghi vivi e generativi — e arriva fino alla scena internazionale del design.
Ricordava Raffaello De Ruggieri, fondatore Circolo La Scaletta nel suo articolo dedicato ad Olivetti e Matera: «La bellezza, affermava Olivetti, è la carta migliore consegnata dalla natura e dalla storia nelle mani del nostro Paese e la bellezza deve impossessarsi dell’architettura e della distribuzione spaziale delle fabbriche perché sia di conforto al lavoro e trovi presenza nel prodotto industriale. Per questa convinzione, nella proposta olivettiana l’estetica industriale doveva improntare di sé ogni strumento, ogni espressione ed ogni momento della attività produttiva: era il compimento del suo rivoluzionario umanesimo industriale».
E forse il compito del design è proprio questo: immaginare ciò che ancora non c’è, partendo da ciò che abbiamo il dovere di custodire.

