Se la mela è stata per secoli il frutto simbolo della conoscenza e della tentazione, la banana si è presa nel tempo la sua rivincita, diventando un simbolo multidimensionale: da frutto esotico a icona pop, da soggetto metafisico a provocazione concettuale, la banana incarna perfettamente il gioco dialettico – ambiguo e divertito – tra natura, cultura e pensiero artistico. Da semplice alimento tropicale a icona di ironia e critica sociale nell’arte contemporanea dell’Occidente, dove ha fatto il suo ingresso nel panorama artistico con un certo ritardo, come l’ultimo arrivato a una festa già iniziata. Importata dall’America, è sbarcata in Europa solo all’inizio del Cinquecento, molto dopo i suoi cugini più “nobili” come mele e uva, che da sempre dominavano le nature morte dei pittori. Ma, come spesso accade, il ritardo non ha impedito al giallo frutto esotico di conquistare il palcoscenico artistico con un carisma disarmante. Sono certa che alcuni tra i meno giovani stanno pensando, a ‘sto punto, al palcoscenico del film “Polvere di stelle” di Alberto Sordi in cui, con una splendida Monica Vitti, cantano l’indimenticabile “Ma ‘ndo’ vai se la banana non ce l’hai”.
Metafisica della banana: il frutto dell’incertezza
Prima che Maurizio Cattelan, nel 2019, attaccasse una banana vera al muro con un nastro adesivo e facesse impazzire il mercato dell’arte con prezzi da capogiro con Comedian, venduta per la modica cifra di 120-150 mila dollari ( opera con cui ha invitato a riflettere sul valore dell’arte contemporanea, sul confine tra oggetto e idea) la banana aveva già fatto capolino in opere d’arte di tutto rispetto. L’opera di Paul Gauguin il Pasto detto anche le Banane [titolo originale: Le Repas dit aussi Les Bananes] del 1891 è uno dei primi dipinti in cui la banana assume un ruolo da protagonista. Ma anche ne L’incertezza del poeta, del 1913, di Giorgio de Chirico, il maestro della pittura metafisica, nobilita un casco di banane mature inserendolo accanto a un busto femminile nudo, in un’atmosfera sospesa e surreale. Qui la banana diventa simbolo discordante di mistero e ambiguità, un invito a interrogarsi su cosa sia reale e cosa no. Insomma, la banana metafisica è un po’ come un enigma giallo, da sbucciare con calma.
Andy Warhol e la banana pop: da frutto a icona ribelle
Avanti veloce fino al 1967, quando Andy Warhol decide che la banana è il soggetto perfetto per la copertina dell’album The Velvet Underground & Nico. La banana di Warhol è semplice, stilizzata, gialla e nera su sfondo bianco: un’immagine pulita e minimalista che divenne subito un’icona pop. Perché qui la banana assurge a simbolo di ribellione, consumismo e cultura di massa. Warhol, con la sua capacità di trasformare il banale in arte, lo trasforma in un “brand”, un marchio riconoscibile, ripreso da tantissimi creativi postumi. Basti pensare a quanti artisti si sono cimentati nel devoto omaggio al Re della pop art e alla sua banana, tra cui Keith Haring e Jean-Michel Basquiat ( googlate se siete curiosi). Una dinamica frattale ancora vivace ai giorni nostri. Ad esempio per tutti citiamo Bansky che, nel 2004, ha riletto in un dei suoi graffiti una tra le più celebri scene del cinema, ritraendo i protagonisti di Pulp Fiction mentre puntano due banane come fossero pistole. Interessante anche la soluzione d’impatto di IABO, artista visivo e street artist napoletano, che ha reso omaggio a Warhol, proiettandolo nel suo progetto “Banana Republic” in cui si gioca tutto sulla forza dell’icona: un profilo stilizzato, minimale, con bianchi capelli su fondo “giallo banana” con didascalico bollino Chiquita, a dimostrazione di come la forza del simbolo ( e di un buon marketing) sia universale e transgenerazionale.
La Musa gialla del design e del digitale
Ma la banana non si è fermata alle gallerie d’arte e alle bancarelle dell’ortofrutta.
È diventata un’icona anche nella moda e nell’arte digitale, dove la sua immagine è stata reinterpretata a loop negli ultimi decenni, anche nel videogame. Oltre l’esperienza “storica” di Donkey Kong, il gorillone alla ricerca dei gialli frutti esotici degli anni Ottanta, sorprendente è il recentissimo successo di “Banana”, un gioco pubblicato tramite Steam (piattaforma di distribuzione digitale leader nel settore gaming) che, nel 2024, ha conquistato una base di quasi 900.000 giocatori attivi quotidiani. Per la cronaca: il gioco consiste nell’immagine di una banana, che incrementa un contatore ogni volta che viene cliccata. La persistenza nel cliccare viene premiata con la possibilità di ottenere banane “speciali”, differenziate per colore e caratteristiche estetiche. Queste banane virtuali non sono semplici oggetti, ma veri e propri asset digitali con un valore di mercato reale.
A dimostrazione che l’ipnosi “bananoide” non è semplice da definire. La banana è, in sintesi, un oggetto che parla al nostro inconscio, capace di evocare sensazioni e significati (eros, vitalità, esotismo, dolcezza, ecc ecc) che vanno ben oltre la sua semplice apparenza. Sarà perchè è il frutto di una pianta chiamata “Musa” che la connota nel suo ispirare?
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