«Il fatto è questo, io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista».
Con queste parole, pronunciate nel 1968, Dino Buzzati rivendicava una dimensione della sua creatività che la critica e il pubblico hanno spesso sottovalutato: quella pittorica.
È proprio da questa dichiarazione programmatica che prende il titolo il mio volume intitolato Dipingere e scrivere per me sono la stessa cosa, edito da Rubbettino nel 2016, un’indagine rigorosa sulla vocazione intermediale dell’autore del Deserto dei Tartari.
Il lavoro si configura come un’operazione di ricognizione critica di particolare urgenza. Come si sottolinea nell’introduzione, gli studi sull’intersezione tra letteratura e paradigmi figurativi nell’opera buzzatiana risultano ancora «disordinati e lacunosi», nonostante la centralità che questa dimensione assume nella produzione dell’autore bellunese.
Il volume si propone dunque di «catalogare e analizzare gli scritti saggistici e creativi di Dino Buzzati allestiti sulla trama dei rapporti tra letteratura, arte e forme estetiche di massa».
L’approccio metodologico adottato si inserisce nella consolidata tradizione internazionale degli studi sui rapporti tra letteratura e visualità, ma con uno sguardo particolare ai fenomeni di contaminazione mediale che caratterizzano la produzione di Buzzati.
La prospettiva critica è quella dei Visual Culture Studies, disciplina che ha trovato sistematizzazione teorica a partire dal celebre Visual Culture Questionnaire apparso sulla rivista «October» nel 1996.
Uno degli obiettivi principali del volume è quello di restituire l’immagine di un Buzzati «precursore della multimedialità», capace di anticipare di decenni tendenze espressive che sarebbero diventate centrali nella cultura contemporanea. Il libro intende dimostrare come lo scrittore-pittore abbia saputo coniugare «estro inventivo e sagacia intellettuale», producendo opere che rivelano «un fittissimo retroterra di riferimenti antropologici e di costume» e che entrano «specificatamente nel merito delle nuove modalità di espressione e di percezione che i nuovi strumenti e le nuove tecniche di comunicazione inducono nella letteratura e nella pittura».
Particolarmente significativo appare l’esempio degli scritti dedicati alla pop-art, attraverso i quali Buzzati «sdogana un movimento ancora poco conosciuto in Italia, presentandone al lettore italiano i principali artefici conosciuti in America». Emerge così la figura di un intellettuale attento ai fermenti dell’arte contemporanea e capace di fungere da mediatore culturale tra diverse tradizioni artistiche.
L’analisi si concentra in particolare su due opere emblematiche: I miracoli di Val Morel e Poema a fumetti. Quest’ultimo, in particolare, rappresenta un caso di studio esemplare per comprendere la vocazione intermediale di Buzzati. È proprio Poema a fumetti, l’opera «che trae ispirazione dal mito di Orfeo ed Euridice e che ripropone i classici temi buzzatiani del mistero, della morte e dell’amore» fondendo «la visionarietà della pittura, nella dimensione ‘popolare’ del fumetto, con il racconto fantastico».
La dimensione innovativa del Poema a fumetti viene evidenziata attraverso il confronto con le tendenze artistiche coeve. Buzzati «mescola influenze che provengono da ambiti artistici disparati, in primo luogo dall’espressionismo cinematografico e dal surrealismo»,utilizzando «le tecniche che in quegli stessi anni vengono sviluppate dalla Pop-Art».
Il risultato è un’opera che anticipa di decenni «la nascita della vera e propria graphic novel», come dimostrano i capolavori del genere prodotti solo a partire dagli anni Novanta (valgano per tutte due opere di indiscutibile valore paradigmatico come Maus di Art Spiegelman e Palestina di Joe Sacco).
Un aspetto particolarmente interessante riguarda la capacità di Buzzati di superare le tradizionali gerarchie culturali. Lo scrittore-pittore, infatti, appare ogni volta come «vero narratore, popolare e colto insieme, dei nuovi fenomeni artistici e intellettuali sollecitati dalla società postindustriale», e comprende con lucida acribia critica che «non vi è più spazio per una distinzione tra cultura alta e cultura cosiddetta bassa».
Questa intuizione si traduce in una pratica artistica che utilizza «collages di immagini e di parole prodotte dalla comunicazione di massa pubblicitaria e paraletteraria», creando un linguaggio espressivo che dialoga con i codici della contemporaneità senza perdere in profondità e complessità simbolica.
Il volume, dunque, restituisce dignità critica anche alla produzione pittorica di Buzzati, troppo spesso considerata un semplice corollario della sua attività letteraria.
È stata mia intenzione precipua dimostrare come per Buzzati «dipingere e scrivere sono in fondo la stessa cosa», due modalità espressive complementari per «raccontare delle storie».
L’analisi di opere come Piazza del Duomo a Milano (1958) rivela la complessità di una ricerca artistica che trasforma il reale attraverso una «ottica tutt’altro che metropolitana», creando visioni che oscillano tra realismo e dimensione visionaria. Emerge così un pittore del ‘fantastico del nostro Novecento’ che merita di occupare «un posto di primo piano» nella storia dell’arte italiana del XX secolo. Il lavoro si configura come un contributo critico per la comprensione dell’opera buzzatiana nella sua totalità. Attraverso un’analisi rigorosa e documentata si restituisce l’immagine di un artista complesso e anticipatore, capace di intuire e sperimentare forme espressive che sarebbero diventate centrali nella cultura contemporanea.
Il volume dimostra come l’opera di Buzzati non possa essere compresa a pieno senza considerare la sua vocazione intermediale e la sua capacità di muoversi con disinvoltura tra linguaggi espressivi diversi. In questo senso, Dipingere e scrivere per me sono la stessa cosa non è solo un titolo evocativo, ma una chiave di lettura indispensabile per penetrare nell’universo creativo di uno degli autori più originali del Novecento italiano.
La ricerca apre nuove prospettive critiche e invita a una rilettura dell’opera buzzatiana che tiene conto della sua straordinaria modernità e della sua capacità di anticipare le tendenze artistiche contemporanee. Un volume utile per chiunque voglia comprendere la complessità e la ricchezza dell’universo creativo di Dino Buzzati.