La storia viene scritta dagli uomini assai spesso con l’inchiostro sbagliato, quell’inchiostro in cui nella combinazione dei pigmenti prevale il veleno. Accade allora che la verità di ciò che avrebbe dovuto essere scritto viene corrotta. Ieri come oggi. Ho fatto questa premessa perché quanto ha rappresentato per l’innovazione della ricerca scientifica e medica la donna – Anna Morandi – di cui racconto la vita e le opere viene, da parte di chi ha voluto affidarlo alla memoria storica, “licenziato” con l’inchiostro sbagliato.
E mi riferisco all’autore delle scarne parole fatte incidere sulla sua lapide. Vi si legge: “moglie amorevole e madre” e, in subordine: “artista colta ricercatrice insegnante brillante”. Sono espressioni lapidarie che non rendono onore alla insigne accademica e anatomista che, in una società oscurantista, ebbe la capacità di vincere i pregiudizi di genere dimostrando che il talento è una dote naturale che si nutre di studio e ricerca e non di blasoni e trofei.
Ma la Storia ha nel tempo reso giustizia alla grandezza di Anna Morandi. Quando ciò avveniva gli antichi greci erano soliti rendere sacrifici a Clio (gr. Κλειώ o Κλεώ), musa preservatrice delle storie e delle gesta che meritano di essere ricordate e tramandate alle generazioni future. Figura dominante nella cultura e nella storia stessa, non a caso era evocata in contesti educativi e accademici per onorare il talento attraverso la ricerca. Io, da modesta studiosa, faccio la mia parte nella fiducia di interessare il lettore alla vita e alle opere di questa donna straordinaria.
Anna Morandi nasce a Bologna il 21 gennaio 1714 da un’umile famiglia. Studia disegno e scultura a Bologna nelle scuole di Giuseppe Pedretti e Francesco Monti dove conosce Giovanni Manzolini, professore di anatomia e suo futuro marito. Con lui inizia lo studio dell’anatomia e per aiutarlo nelle ricerche costruisce modelli anatomici in ceroplastica perfezionando tale pratica che, diffusa in Europa fin dal 1660, era – anche per via delle preclusioni ecclesiastiche all’accesso ai cadaveri – necessaria a scopi didattici e di ricerca. Disporre di modelli in cera consentiva di poter studiare liberamente, senza limiti di tempo
e senza divieti (le donne non potevano approcciarsi da sole a tale ricerca accademica).
Ha presto l’occasione di dimostrare le sue capacità di anatomista quando il marito si ammala di depressione ed è costretta ad aiutarlo nella dissezione dei cadaveri.
Così facendo, diviene esperta nella riproduzione in cera di parti anatomiche fino ad allora sconosciute.
Inoltre, quando suo marito si ammala di tubercolosi, la Morandi riesce a proseguire con il proprio lavoro perché chiede di intercedere per lei a papa Benedetto XIV, un pontefice illuminato che già aveva favorito altre studiose, come la matematica Gaetana Agnesi e la filosofa naturale Laura Bassi. Benedetto XIV le consente di continuare a lavorare per lo studio anatomico bolognese e di conservare tutte le attrezzature del marito, che erano di grande valore.
La vita familiare è straziata da tragici eventi che vanno a sommarsi al dramma coniugale: cinque dei figli scompaiono precocemente in pochi mesi o anni di vita. Il 7 Giugno 1755 viene a mancare anche il marito Giovanni e Anna Manzolini, sull’orlo della miseria, dopo il diniego di un aumento all’Assunteria dell’Università , l’ente che gestiva gli stipendi, è costretta ad affidare il figlio Giuseppe a un orfanotrofio: il Conservatorio di San Bartolomeo in Reno. Giuseppe fu poi adottato dal conte Flaminio Solimei che, prima di morire nel 1758, aveva disposto che un orfano fosse estratto a sorte per continuare la sua discendenza, poiché non aveva eredi. Anna stessa venne così accolta nella sontuosa dimora del senatore Girolamo Ranuzzi , suo grande ammiratore. L’impegno e la caparbietà le danno notorietà.
E quando arriva, camminando a piedi nudi, la meritata notorietà, a galoppo sopravviene anche lo stuolo dei detrattori. Dal Senato bolognese viene nominata modellatrice in cera presso la Cattedra di Anatomia dell’Università di Bologna e, ciò incalza i sentimenti di ostilità dei colleghi pervasi dal quella sindrome di mascolinità tossica ancora molto presente nella nostra società radicata nel dogma che il soggetto di sesso maschile sia meritevole ontologicamente di posizioni di prestigio e di visibilità.
E che quindi il genere femminile debba essere relegato alle ‘rimanenze’. Ma Anna oltre a possedere talento ha anche una forte personalità e non si lascia sicuramente irretire dal manipolo della mediocre umanità.
Grazie alle sue opere ceroplastiche diviene celebre in tutta Europa: la Royal Society di Londra, Caterina II di Russia e altre corti europee hanno invitato Anna Morandi più volte con offerte economiche molto allettanti, ma lei non ha mai voluto lasciare Bologna.
Numerose fonti mettono in luce il contributo della Morandi, sia nel collaborare con il marito che nel proseguire autonomamente nell’arte della ceroplastica, sottolineando il suo maggiore acume accademico.
Su di lei così scrive Gaetano Giordani nel 1836:
“…la Manzolini si diede indi ad istruire i giovani studenti di anatomia, e nelle lezioni sue non tanto insegnava ad essi le cose imparate dal marito suo; ma altresì fatto esperienza in tale professione, franca nelle difficili e minute incisioni, maestra erudita di molte nozioni, comunicava loro scoprimenti ignoti non solo al marito stesso, quand’anche ai più esercitati e valenti anatomici di quel tempo.”
Anche Michele Medici, professore di anatomia presso l’Università di Bologna, evidenzia la straordinaria professionalità della Morandi, riconoscendo in lei una tra le più influenti donne dotte di Bologna.
Ad Anna viene attribuita l’individuazione della posizione della posizione del muscolo obliquo inferiore dell’occhio che, anziché terminare nell’apofisi nasale, come si riteneva, procede fino al sacco lacrimale. Particolarmente significativa è lo studio dell’anatomia della mano, in cui si descrive la sensazione del tatto e il ruolo del circuito neurologico, che può generare, a seconda delle situazioni, tipologie di percezioni fra loro differenti.
Anna Morandi si sofferma in molte sue opere sulla natura didattica delle sue cere e proprio per facilitare la comprensione dei suoi testi attua alcuni stratagemmi, ad esempio, nel descrivere l’anatomia della coclea dell’orecchio usa fili di seta di colori differenti.
Un lavoro del genere necessitava non solo di nozioni tecniche e pratica sperimentale.
I suoi volumi, i suoi preparati e gli strumenti del mestiere furono acquistati dall’amico Ranuzzi che, nel 1776, due anni dopo la morte di Morandi, li donò all’Istituto delle Scienze.
Successivamente, le opere raccolte dal figlio Giuseppe vennero raccolte a Palazzo Poggi e, quando l’Istituto bolognese fu sciolto e l’Università si trasferì nell’edificio (1803), divennero materiale didattico per le lezioni di anatomia tenute nell’ex chiesa di Sant’Ignazio, poco distante. Furono poi sistemate nel nuovo Istituto di Anatomia in Via Irnerio (1907) e vi rimasero fino all’anno 2000 quando a Palazzo Poggi venne inaugurato il Museo universitario.
Anna Morandi muore nel 1774 a sessant’anni ed è sepolta, con funerali solenni, nella Chiesa di San Procolo in Via d’Azeglio a Bologna.
Se le parole scritte sulla sua lapide non rendono giustizia alla sua grandezza su questo pianeta sulla superficie di Venere il cratere Anna Morandi Manzolini a lei dedicato è un’impronta indelebile nel cosmo.