”I colori del lato del “più” – polarità che designa i colori caldi e luminosi – sono il giallo, il giallo-rosso (arancione) il rosso-giallo (minio, cinabro). Essi danno luogo a stati d’animo attivi, vivaci, tendenti all’azione…
Il colore cresce in energia e come giallo-rosso appare più vivo e splendido”
(J.W.Goethe, La teoria dei colori)
L’ Arancia
Pianta originaria dell’estremo oriente, l’arancia (dal persiano nārang e quindi dall’arabo nāranj) è il frutto della pianta dell’arancio, appartenente al genere Citrus. Di questo frutto esistono varietà dolci (citrus sinensis, limone cinese) e varietà amare (Citrus aurantium).
Storia
Dopo averlo importato dall’Oriente via terra, gli antichi romani iniziarono a coltivarlo in Sicilia sotto il nome di malum aureum (mela dorata). Col passare dei secoli e degli imperi, la coltura delle arance in Trinacria si spense, anche perché si trattava della varietà di arancia amara, poco gradita al palato. Fu reintrodotta dagli arabi, grandi amanti dei giardini, incantati dall’effetto decorativo di questi alberi.
Altri fonti attribuiscono all’arancia un ingresso in Europa (forse nel XVI secolo), grazie ai rapporti commerciali privilegiati che il Portogallo intratteneva con l’Asia per via del trattato di Tordesillas, stipulato nel 1494 tra castigliani e lusitani, e secondo cui ai portoghesi spettava il commercio con tutto l’emisfero a est del meridiano detto La Raya.
Etimologia
Nel dizionario arabo, alla voce arancia corrispondono due traduzioni: l’arancia amara è nāranj, e i linguisti sembrano essere d’accordo sul fatto che provenga da una parola persiana che (forse per etimologia popolare) significa ‘cibo preferito degli elefanti’, mentre l’arancia dolce è burtuqāl.
È lecito dunque credere che i romani abbiano introdotto dall’Oriente in Sicilia la coltivazione dell’arancia amara, chiamata successivamente nāranj dagli arabi. L’arancia dolce, invece, giunse in Europa grazie ai portoghesi, ai quali fu poi letteralmente dedicata in moltissimi idiomi.
Simbologia
La pianta d’arancio viene spesso identificata con l’albero del bene e del male, alludendo sia al peccato originale, sia alla redenzione dell’uomo dopo la Passione di Cristo, e in tal caso un’arancia può apparire nelle mani di Gesù al posto della mela (soprattutto nei dipinti fiamminghi, dato che il termine olandese per denominare l’arancia, sinaasappel, significa “mela cinese”).
I fiori bianchi sono simbolo di castità e purezza. Alludono al matrimonio e sono un tradizionale ornamento della sposa, e come tali possono essere un attributo della Vergine Maria, sposa di Gesù, o in alcune versioni mitografiche tarde, rappresentare il dono di Giove alla moglie Giunone.
L’albero dell’arancio può ancora essere raffigurato alle spalle della Madonna circondata da Santi, o nel paesaggio che fa da sfondo a dipinti sacri.
Mitologia
Atalanta e Ippomene:
la leggenda racconta di come Ippomene sia riuscito a sconfiggere nella corsa la bella e invincibile Atalanta gettando lungo la pista da corsa delle mele d’oro (le arance!) consegnategli da Venere.
Ippomene per riuscire in una così ardua impresa, chiese aiuto alla dea dell’amore. Venere gli porse tre mele d’oro, raccolte nel Giardino delle Esperidi, che il giovane innamorato avrebbe dovuto furbescamente lasciar cadere lungo il percorso. In questo modo Atalanta si sarebbe fermata a raccoglierle e lui avrebbe potuto guadagnare terreno prezioso nella corsa. Lo stratagemma della dea funzionò, e per la prima volta la fanciulla venne battuta in questa competizione e data in sposa ad Ippomene.
Il giardino delle Esperidi:
le splendide ninfe Esperidi vivevano nell’estremo Occidente del mondo, oltre i confini della terra abitata, in un meraviglioso giardino detto appunto “giardino delle Esperidi”, dove custodivano un prezioso albero dalle mele d’oro (dono di Gea per le nozze di Zeus con Era), vigilato da un terribile drago. Il mito più celebre legato alle Esperidi appartiene al ciclo delle fatiche di Eracle. Nella sua undicesima fatica, l’eroe viene incaricato dal re Euristeo di trafugare i favolosi pomi dorati e portarli al sovrano.
San Domenico:
secondo un’antica leggenda, la pianta di arancio dolce che si trova a Roma, nel chiostro del convento di Santa Sabina all’Aventino, sarebbe stata portata e piantata lì da San Domenico nel 1220 circa. La leggenda non specifica però, se il santo avesse portato la pianta dal Portogallo o dalla Sicilia, dove essa era giunta al seguito della conquista arabo-berbera.
Curiosità
Il nome “Neroli” dell’essenza ottenuta dai fiori di arancio amaro, trova origine dalla principessa Anna-Maria de la Trémoille-Noir Moutiers, seconda moglie del principe di Nerola e duca di Bracciano, Flavio Orsini. Conquistata dal profumo di questa essenza, lanciò la moda nella corte di Luigi XIV, e la chiamò “Neroli” in onore alla città di Nerola.
La dinastia regnante dei Paesi Bassi non ha nessun legame con le arance, anche se, per assonanza, l’arancione è diventato il colore nazionale. La stirpe nacque nel Principato d’Orange, costituito nel 1163 da Federico Barbarossa in una contrada al confine tra Provenza e Linguadoca. La città d’Orange si chiama così perché il nome latino era Aurasium e nel tempo, fu modificato nella parlata locale fino a diventare Arenjo in provenzale e Orange in francese.