1. La questione della ispirazione in filosofia – il “dove” da cui vengono le idee – è una questione complessa. Non serve, in questa sede, richiamare la disputa poi eterna tra Platone (mondo esterno delle idee) e Aristotele (mondo interno del ragionamento). Ciò che sappiamo, in modo incontrovertibile e sempre riferendoci a quel mondo, è che le figlie di Zeus e Mnemosine – le muse – erano tante quante erano le discipline che dovevano ispirare. È da qui che dipende, forse, l’idea che “sapere” significa essere amico della conoscenza (“philo” / amicizia e “sophìa” / sapienza), ossia “amicizia del sapere”).
Essere amici della propria musa, saperla coltivare, rendersi conto che più dell’amore nel rapporto conoscitivo conta l’amicizia[1] cioè il rapporto totalmente disinteressato e reciprocamente appagante che può condurre alla definizione che di amicizia dava Gilles Deleuze nel suo dialogo con Félix Guattari[2]: una istanza. Muse e amici sono, in effetti, la stessa identica cosa: ovvero, sempre per rimanere nel novero deleuziano, panorami concettuali della filosofia perché ne sono condizioni di possibilità. In che modo? Nonostante nella tradizione greca si neghi che anche la filosofia abbia una sua musa specifica (erroneamente vista in Talete), non è peregrino pensare alla filosofia stessa come la disciplina che ha inventato l’amico nel senso più tecnico del termine. Non il “conoscente”, o “il falso amico”, che scompare allo scomparire delle convenzioni e convenienze, ma l’amico che si cela nelle attività definite propriamente filosofiche.
Ecco i Dialoghi platonici come luogo primario dei teatri della amicizia: discussioni, scontri tra argomentazioni differenti sui temi fondamentali alla vita umana, diverse visioni sulle cose ultime. La musa, ovvero l’amico, è il dispositivo della razionalità occidentale e dell’umanità definita come animalità sociale: senza l’amicizia è impossibile l’attuarsi della ragione. Musa è paesaggio, orizzonte, mai obiettivo: così come l’amico che non fornendo soluzioni definitive ai problemi costringe a un continuo negoziato concettuale[3]. L’amico muove il sapere interno fuori di sé, coniuga il ragionamento all’esperienza, produce maggior coscienza di sé. L’amico è la comunità primaria in cui portiamo le nostre idee nel mondo e richiede il processo di graduale adattamento delle ispirazioni che la mente deve attuare per rendersi conto se il proprio pensiero è serrato o se ha prodotto un sentiero interrotto. L’amico è la forma razionale del noi, la prova non mitologica dell’esistenza della muse: ovvero, per confermare Deleuze, ne è appunto l’istanza. L’amico, come la musa, è la risposta mancata alla domanda del pensiero.
2. La traduzione più comune, e non mitologica, della parola greca “musa” è infatti “sentimento che ispira”. Il sentimento “musa” è l’amicizia intesa dunque come quel particolare stato mentale che collega due corpi influenzandoli reciprocamente e creando un varco nelle loro rispettive monadi: aprendole al varco, inesplorato e spesso logicamente contraddittorio, della intersoggettività. Questa, d’altronde, era già in qualche modo l’interpretazione allegorica medioevale del mitografo e grammatico africano Fulgenzio (sec. 5º-6º d. C.). nel trattato Mythologiarum libri tres. Le muse intese come progressivi movimenti dell’attività più propria di Homo Sapiens, ovvero la conoscenza.
Sapere non è mai un’attività individuale, ma appunto un movimento dello spirito che serve innanzitutto per produrre comunità che sulla base di quel sapere costruiscono vita condivisa il che, per ragionamento che segue dal nostro primo punto, porta a comprendere la rivelazione meno allegorica del mito greco: ognuno di noi, oltre ad aver bisogno di muse, è anche musa per qualcun altro. Non solo dunque intersoggettività della conoscenza ma, condizione essenziale dell’amicizia, orizzontalità non gerarchica delle fonti di ispirazione. Non è un caso che Mnemosine[4], con cui Zeus generò le Muse, sia la personificazione della memoria e della capacità di ricordare. L’amicizia è il modo attraverso cui ricordiamo, e ci facciamo ricordare, cosa siamo davvero stati dal mondo esterno al di là di tutte le altre condizioni possibili o delle continue e terremotate fratture amorose: l’ispirazione ha bisogno di memoria, di ricordo, di ripartire dalla rete di conoscenza e amicizia che ci ha preceduti. Mnemosine, come molte figure degli incesti di Zeus, non era oggetto di un culto assai popolare, ma nell’Antica Grecia era comunque legata a una pratica di venerazione minore: pare aiutasse il supplicante a ricordare eventuali visioni avute durante il sonno. Le muse, dunque l’amicizia, partorite anche dalla porzione dello spirito che guida i sogni degli esseri umani: perché solo in amicizia, e per suo tramite, è possibile provare a creare comunità che non desiderino solo cambiare il mondo ma inventino linguaggi e modi di fare che ne modificano davvero una porzione consistente.
3. In conclusione è evidente come, al di là delle allegorie, la questione riguardante la “muso-logia” siano postille al problema filosofico dell’amicizia. Oggi, attraverso numerosi meccanismi di distrazione e distruzione socio-tecnologica, è proprio l’amicizia come sentimento che viene minata dalle sue fondamenta. Abbiamo amici “digitali” che non abbiamo mai visto, consideriamo l’amicizia come “consenso” e mai come costruzione o negoziato frutto anche di dissenso, critichiamo la costruzione di reti amicali alternative ai dispositivi di potere socialmente imposti inventandoci inutili neologismi per criticare l’amicizia come anti-comunità[5]. Il mondo contemporaneo ha bisogno di amicizia reale, nel senso greco del termine, perché ha bisogno di ispirazione e di idee nuove per contrastare l’azzeramento dell’amicizia come forza rivoluzionaria in grado di contrastare l’appiattimento delle forme del mondo a un pensiero unico che obblighi a consensi forzati.
Come spiega magistralmente Walter Friedrich Otto[6], l’importanza delle muse nel pensiero greco era quella dell’ideale supremo dell’Arte, la «eterna magnificenza del divino», che si realizza solo nella amicizia per il sapere e attraverso la comunità dei sapienti.
Sapiente è solo l’amico, ovvero colui che è pronto a discutere e a mettersi onestamente in discussione per alimentare l’amicizia stessa, ovvero la Musa, eternamente indecisa nell’assegnare la vittoria ad Apollo o a Marsia.