Edward Norton Lorenz (West Hartford, 23 maggio 1917-Cambridge, 16 aprile 2008) matematico e meteorologo statunitense, divenne celebre per essere stato uno dei pionieri e sviluppatori della moderna teoria del caos (o caos deterministico), avendo introdotto la nozione di attrattori strani e coniato il neologismo effetto farfalla, in uno scritto Deterministic Nonperiodic Flow, pubblicato sul Journal of the Atmospheric Sciences nel 1963. In pratica, secondo Lorenz, il battito delle ali di una farfalla come quello degli esemplari di argo azzurro (Plebejus argus), avrebbe potuto influenzare la formazione di un uragano.
Molti vivono ai margini del loro destino. Il tempo visto attraverso l’immagine è un tempo perso, perché l’essere e il tempo sono diversi. L’immagine brilla eterna solo quando è andata oltre l’essere e oltre il tempo.
Tutta la bellezza della vita si gioca dentro ogni singolo essere umano. Soltanto a chi non diserta e non si risparmia, a chi si espone coraggiosamente alle sfide decisive che la vita gli lancia, sarà concesso di formulare wahre Sätze, ovvero frasi vere.
Quando l’anima si sviluppa, essa si forma a ritroso. Bisogna allora raffinare i ricordi dell’acqua (perché l’acqua è memoria) in mezzo ai frammenti dell’avvenire. Da ogni istante nasce un nuovo istante, che contiene una nuova possibilità, come il bagliore di un altro sole troppo a lungo mascherato, dove il tempo ritrova il suo suono e purifica qualunque cosa una ferita ricordi al termine della guarigione. Se non speri l’insperabile, scriveva Eraclito[1], non lo scoprirai, perché è chiuso alla ricerca e a esso non conduce nessuna strada.
Essere fedeli alla vita per essere fedeli all’arte
L’uomo nasce ribelle. Nessun limite è interno all’essere, nessuna ambizione rifiuta se stessa. Il reazionario non è il sognatore nostalgico di passati aboliti, ma il cacciatore di ombre sacre sulle colline eterne.
Solo comprendendo il valore del simbolo, del segno, non ci sfuggirà la virtù della figura, l’ostensione della forma e il suo rispecchiamento.
Non c’è grande arte senza tensione, una tensione da trattenere sino all’ultimo momento. L’arte greca ci ha insegnato che non ci sono superfici veramente belle senza terribili profondità. Il pittore e musicista svizzero Paul Klee affermava che per ottenere un’armonia vitale il quadro deve essere costruito di parti di per sé incomplete che vengono messe in armonia all’ultimo tocco.
L’arte vera e profonda, la sapienza vera e profonda sono la più concreta azione politica possibile perché, alla maniera di quel che dicevano Platone e Aristotele e come ben sapevano i Pitagorici (ma anche Cristo e Buddha), la vera politiké téchne è l’arte di creare interiorità illuminate e dunque cittadini illuminati, gli unici capaci di assumere la direzione della pólis con la giusta responsabilità e capacità di non lasciarsi dominare dai demoni dell’ignoranza, dell’avidità e della prevaricazione, e esercitare il potere in maniera consapevole e solidale.
Per essere liberi dobbiamo coltivare la diversità. Capovolgere la diversità in valore: ecco la vera rivoluzione. Solo se assegni un ruolo a qualcosa, puoi scegliere di rifiutarlo. La rivoluzione estetica si fa rispondendo a un fatto concreto.
La rosa che non credeva più nel vento
Diodoro Siculo[2] narra che i due fratelli Telecle e Teodoro di Sarno, ciascuno separatamente, lavorassero ad una metà di un’immagine sacra (una statua lignea di Apollo Pizio per i Samii) e quando le due metà vennero infine messe insieme esse combaciavano perfettamente. I due fratelli, così spiegava Diodoro, erano stati capaci di compiere tale straordinaria impresa, in virtù della loro profonda conoscenza della teoria egizia delle proporzioni che, a differenza di quella greca, non si basava sulla percezione visiva.
L’eternità nella sua interezza è sempre stata, e sarà sempre. È assolutamente presente, sempre. Dobbiamo allora ricordare che, per la tradizione retorica e quella materialista (Democrito e Protagora erano entrambi di Abdera…), il testo è un complesso di lettere, così come il mondo è un composto d’atomi, soprattutto oggi che la vita è scritta come molteplicità di frasi fatte con l’alfabeto della genetica.
I cambiamenti scientifici e tecnologici hanno prodotto un balzo in avanti cruciale. È impossibile comprendere pienamente un mondo che sta volgendo innanzi ai nostri occhi verso una nuova forma di civiltà e di canone umano, a una velocità irrefrenabile.
Un mondo in cui la iper-sofisticazione tecnologica coesiste con i rifugiati, la droga, la fame, la povertà e le violenze estreme, in cui la società di un materialismo strettamente finalizzato, tenta l’annullamento della creatura senziente illudendola di poter esprimere ed esperire tutto, mantenendola in perenne distrazione, in frastornata orizzontalità. Un intreccio ormai difficile da afferrare.
Tutto il male in questa vita deriva da un difetto di attenzione a ciò che essa ha di debole e di effimero. Esso non ha altra causa se non la nostra noncuranza e il bene può nascere di conseguenza soltanto da una resistenza al sonnambulismo dello spirito, discendendo con coraggio fin dentro il proprio cuore.
Frammentario o meno, è necessario allora continuare a credere nel valore salvifico dell’arte. Di fronte a questo mondo che ci travolge come uno tsunami, all’improvviso un film o un libro che ci parla di una piccola avventura umana, ci commuove ancora. E forse torneremo a ripensare al saggio Lev Nikolàevič Tolstòj: «Racconta il tuo borgo e sarai universale. Racconta una storia minima, un frammento del mondo e magari parlerai a qualcuno».
Ciò che la memoria ha amato è già diventato eterno
Alcuni fisici, tra cui Stephen Hawking e, ancor più recentemente, Amit Goswami, hanno immaginato l’istante in cui tutto si è generato come il precipitare di una funzione d’onda, di una ipotesi quantica, per osservazione.
Lo sguardo di una sconfinata coscienza anteriore precipita e collassa l’asserzione ondulatoria rendendola materia, affidandola al tempo. Quella rete della vita che compone un unico grande organismo molteplice e sintonico, dove balena, anche nei più crudi assunti scientifici, il volto spirituale del creato.
Magari un domani, troveremo ancora rifugio nella realtà vera.
Un giorno, il pittore Katsushika Hokusai (葛飾 北斎; Edo, ottobre 1760 – Edo,[3] 10 maggio 1849) disegnò le anse di un grande fiume, poi intinse le zampe del suo gallo nel rosso-arancione e lasciò che vi passasse sopra, evocando così, nel suo disegno, il famoso fiume Tatsuta in autunno, con le grandi foglie di acero galleggianti sul corso d’acqua.
Tutta l’arte in fondo, pulsa di rivelazioni e sottili trasparenze.