Il tempo degli Dèi è un tempo sincronico, dove tutto è già in essere, tutto già accade contemporaneamente; nel tempo degli umani, nel tempo della carne, esiste invece il concetto di tempo lineare dove le cose devono accadere secondo un ordine preciso, chirurgico, quasi metallico. Come una farfalla che parte e torna per ricapitolare la storia dei suoi voli.
La filosofia nasce da un fatto naturale, nel senso di insito alla natura umana, cioè qualcosa da cui è impossibile prescindere, di fatale, e lo strumento primo di conoscenza di se stessi e della realtà è strettamente connesso al fato (da cui fatale).
Un fato però che mai si sottrae alla logica, anzi, si materializza proprio a partire dalla logica. Ai soli filosofi dunque appare chiara la cartografia del mistero.
Le stelle sono fuochi di bivacco di angeli lontani
Il tema cruciale dell’Iliade è il duello fra il Pelìde Achille e Ettore, ovvero il tragico confronto tra l’eroe della vendetta e l’eroe della resistenza.
Ettore è il custode delle felicità periture, è l’eroe della difesa e della saldezza, della conservazione, nel divampare della guerra, di tutto quello che l’uomo ha più a cuore:
il proprio spazio intimo e privato, ciò che si tiene al riparo tra le mura domestiche.
Ma la guerra invade e abbatte ogni confine, in guerra tutto diviene atrocemente pubblico
e violabile. E l’ultimo incontro tra Ettore e la moglie Andromaca con il figlio Astianatte avverrà non a caso, nei pressi delle porte Scee, ai confini tra la città protetta dalle mura di cinta e la pianura dove infuriano i combattimenti. In uno spazio fragile, ma ancora intatto e strenuamente difeso.
Eppure, e forse perciò stesso, soltanto le passioni estreme (l’odio e l’amore) possono farci veramente comprendere qualcosa di noi.
I giorni della vita sono punti geometrici sulla linea sillabata del tempo
Mai si era visto come oggi, un tempo più intriso di conformismo della parola, di assoggettamento delle particolarità a formule generalissime che scolorano l’una nell’altra fino a propinare per oggettive, quelle che dovrebbero essere solo ipotesi possibili su come identificare dei contesti. Dov’è allora l’anima del nostro mondo contemporaneo (dalle perturbanti fattezze disumane), nella dilagante crisi dell’essere, nel consumismo globale che depreda e consuma dissennatamente spazi e risorse della terra, lasciando invece miseramente ai margini del superfluo la poesia, l’arte, la bellezza?
Nonostante la sua fragilità, la poesia così come l’arte possono portare ancora il caos all’interno di società altamente controllate. L’arte tanto più è ricca tanto più è sediziosa e irriverente verso gli stereotipi imposti dall’alto, verso il conformismo e un potere che livella le coscienze, atomizza le identità e depaupera la percezione delle sfumature, delle declinazioni più variate del sentire ed intendere.
La crisi delle ideologie obbliga a un ripensamento, ad accettare la contraddittorietà della vita. La verità però è che la vita costringe sempre alla consapevolezza di una mancanza incolmabile, una malinconia, che si traduce in un nobile anelito di ricerca, uno slancio verso qualcosa.
La libertà è il destino ultimo dell’uomo, e l’uomo è necessaria espressione di essa, quale accesso privilegiato al mondo, entro i conflitti della storia e dell’esistenza. Così come la speranza, sacra luce della vita, che nasce dalla gioia (e non il contrario), gioia che è l’arco, ossia la tensione verso l’infinito per eccellenza, che dal basso esplode, infiamma, verso l’alto. Le vaste verità non si esprimono a parole. La verità di ciò che accade nel seno segreto del tempo è il silenzio delle vite, e non può pronunciarsi. E ci sono cose che non si possono dire, è vero, ma è ciò che non può essere detto a dover essere scritto.
Vedere: annaspare nella notte e miniare i suoi confini, perché ne risplenda il volto.
Nessun artista e nessun filosofo può prescindere dalla vertigine di Schopenhauer, riassunta nella sua opera somma, “Il mondo come volontà e rappresentazione” (…nei recessi del nostro essere abbiamo la percezione di possedere l’essenza dell’eternità, quella forza grazie alla quale si rinnova continuamente la vita.). Cos’altro tenta un poeta se non la salvezza di ciò che si perde?
Le avanguardie artistiche nel loro improvviso imporsi, erigendo mirabolanti possibilità con la visionaria vivacità delle loro metafore, avevano rotto il cristallo che separava la sostanza artistica dalla banalità della vita più ordinaria, facendo brillare il mondo di una luce nuova. L’uomo infatti non è che l’immediatezza dell’essere, il suo recipiente, l’artista invece è colui che, nel processo creativo, è chiamato a rendere reale questo essere.
L’arte non è solo esercizio, è uno scavo continuo nelle nebbie dell’esistere, un cercare di distinguere le forme di tutto quello che arriva ai nostri occhi per dare un nome alle cose, creare mondi. Non salva le cose e gli esseri dalla precarietà chiudendoli disincarnati in un’opera, essa è tesa a rappresentare ciò che si perde, ciò che vive e che perciò può soltanto morire.
Le concezioni sono artificiali. Le percezioni sono essenziali. L’arte deve essere qualcosa di più di una concezione della mente. Deve essere una rivelazione della natura, assoluta unità dello spirito nella sua convergente totalità. È lo spirito messo a fuoco con tutti i suoi raggi, e il fuoco dello spirito è l’immagine. Ovunque lo spirito è tutto presente nella sua pienezza, nel suo plasma originario, allora vi è arte, luce candida non ancora franta in colori.
Delle sue opere Egon Schiele (la cui anima correva verso l’abisso o la terra del miracolo) scriveva: “Il quadro deve produrre luce dal suo interno, i corpi hanno una loro luce, che consumano vivendo; essi bruciano, non sono illuminati”.
Si racconta che al cospetto delle Muse, Hölderlin, Schelling e Hegel, avessero ballato tutta una notte, intorno all’albero della “libertà”…
I colibrì sono gli unici uccelli capaci di compiere un’azione impossibile per le altre specie: volare all’indietro, grazie alla spinta ascendente che riescono a dare al loro battito con l’articolazione del polso.
In ogni tempo i grandi geni della poesia, della filosofia, delle arti visive, si ergono come eroi solitari (un movimento clandestino di resistenza che infuria nella luce morente),conducendo una lotta disperata e unica contro una ciurmaglia umana alimentata da idiozia, banalità, diseguaglianze e violenza che tenta di soffocare e uccidere la bellezza.
Essi affermano legittimamente e con forza, la loro dimensione civile e sociale affrontando (e combattendo) il tentativo di annientare le armonie del mondo di cui è responsabile, in gran parte, il potere, con la sua distopica e informe visione del reale, volontariamente portata a mistificare quella del futuro.
Fragili fili di anime al vento, da sempre le farfalle sono più forti dei demoni maligni. Scortano la primavera con ventagli di luce, non cederanno mai la bellezza del mondo alla cenere e alla polvere.