“Amo la creazione più della vita e sento di dover esprimere me stessa prima di scomparire”
Ritratto dell’artista da giovane
Sonia Delaunay (Sophie Stern questo il suo nome da giovane) nasce in Ucraina nel 1885 e trascorre l’ infanzia a San Pietroburgo. Dal 1903 al 1905 studia a Karlsruhe (città nel sud-ovest della Germania); sono gli anni in cui si afferma l’espressionismo tedesco da cui rimarrà fortemente influenzata.
Giunta a Parigi nel 1906, si iscrive all’Académie de la Palette e nella capitale conosce il pittore Robert-Victor-Felix Delaunay che sposa nel 1910. In quello stesso anno, inizia ad applicare le ricerche artistiche di tendenza cubista del marito su ricami e stoffe.
Nel 1911 esegue il suo primo lavoro astratto su tessuto, confezionando una coperta in applicazioni patchwork per il figlio Charles, nato lo stesso anno.
Matura così l’idea di creare indumenti e oggetti di arredo che siano tutt’uno con una pittura capace di espandersi nell’ambiente circostante e sulle forme viventi, secondo un concetto, quello della “totalità dell’arte”, comune a molte avanguardie dell’epoca.
Un linguaggio astratto
Nell’opera Contrastes Simultanés del 1913, Sonia immagina un nuovo linguaggio astratto, simultaneo, dove i colori puri, senza chiaroscuro generano per opposizione e contrasto nuove forme e profondità. L’anno dopo esegue il suo primo abito simultaneo, da lei stessa indossato per il Bal Bullier a Parigi: il corpo umano diventa così supporto di un paradosso ambulante, attraverso il rapporto dialettico stabilitosi tra astrazione geometrica e bidimensionale del disegno, e la natura tridimensionale, mobile della figura che ne varia il disegno. In questa ottica progetta la forma dell’abito anche mediante la sperimentazione di materiali molto diversi tra loro. Li assembla casualmente: panno, seta, tulle, lana, cotone e pelliccia.
Avanguardie e influenze
Nel 1914, lo scrittore Blaise Cendrars le dedica il poemetto intitolato Sur la robe elle a un corps. È la stagione contrassegnata dalla frequentazione e dall’ amicizia con i protagonisti delle avanguardie dadaiste e surrealiste, tra cui Tristan Tzara, Andrè Breton e Vladimir Majakovskij.
Costumista del balletto “Cleopatra”
Tra il 1917 e il 1918, dopo frequenti viaggi in Spagna e Portogallo, disegna i costumi per il balletto Cleopatra di Diaghilev.
L’attività progettuale dell’artista si intensifica nel corso degli anni ’20, sempre affiancata alla costumistica teatrale. Nel 1923 realizza gli abiti di scena per la commedia di Tristan Tzara Le Coeur a gaz, contraddistinti da geometriche soluzioni scultoreo-sartoriali in movimento.
Al Salon d’Automne del 1924 inaugura una presentazione cinematica simultanea con stoffe esposte in un’apposita vetrina del vasto salone del Grand Palais, e realizzata in forma cinetica utilizzando un dispositivo di rulli verticali brevettato dal marito Robert Delaunay che permetteva uno svolgimento simultaneo di teli colorati all’infinito.
Il sole era accecante, l’intelaiatura tratteneva solo luce senza immagine: una Boutique Simultanée!
Nel 1925 nasce la sua Boutique Simultanée in boulevard Malesherbes 19, dove lancia una moda d’avanguardia che influenzerà tutta la produzione tessile degli anni successivi, abolendo qualsiasi tema di ispirazione naturalista a favore di un’architettura cromatica astratta dal ritmo facilmente percepibile.
Sempre nel ’25 prende parte all’Exposition des Arts Décoratifs in collaborazione con il sarto Jaques Heim. Mettono in mostra abiti, accessori e tessuti sia d’arredamento sia d’abbigliamento (prodotti dalla Bianchini-Férier) dalle forti, ritmiche tonalità.
Straordinario anche il suo esperimento di progettazione grafica legato all’industria automobilistica, avvenuto nello stesso anno, che la porta a disegnare la carrozzeria di una Citroën B12 come fosse un tessuto stampato.
Gli abiti per il cinema e riconoscimenti
In questo periodo apre altre filiali a Londra e Rio de Janeiro, mentre sempre alla ricerca di nuovi filoni espressivi, si cimenta nella realizzazione di abiti per il cinema tra cui Le p’tit Parigot diretto da René Le Somptier e Vertigo di Marcel L’Herbier.
Come riconoscimento al suo lavoro, nel 1927 viene convocata dalla Sorbonne a dibattere il tema delle influenze della pittura sull’arte vestimentaria ottenendo ampi consensi.
Contraria a ogni decorativismo figurativo, dà un’impronta decisamente razionalista e semplificata al design tessile e di moda, stimolando la creatività di grandi nomi dello stilismo internazionale, quali Jean Patou ed Elsa Schiaparelli, anticipando persino grafismi e colori dell’optical art. La sua notorietà si amplifica nel corso degli anni ’30. In questo periodo ha clienti come Gloria Swanson, e le mogli e compagne di intellettuali e designer quali Gropius, Breuer e Mendelsohn.
Il ritiro dalle scene
Nel 1941, alla morte del marito, si ritira a Grasse in Provenza, interrompendo ogni attività. Negli anni ’50, iniziano a dedicarle diverse retrospettive e nel 1975, Sonia riceve la Legione d’Onore.
Dopo aver donato disegni e manoscritti alla Biblioteca Nazionale di Parigi, si spegne il 5 dicembre del 1979.
Una rivoluzione estetica
Sonia Delaunay fu un’artista a tutto tondo, difficilmente catalogabile, e la cui opera va ben oltre la semplice pittura. La sua ricerca sui colori e sulle forme si manifestò nella grafica, nella decorazione, nell’arredamento e, soprattutto, nella moda.
“Non ci sono differenze tra la mia pittura e i miei, cosiddetti, lavori decorativi. L’arte minore non deve mai essere considerata un’arte di frustrazione ma una libera espansione, una conquista di nuovi spazi. È l’applicazione della ricerca stessa”
Fortemente ispirati al Cubismo orfico (il marito, Robert Delaunay ne fu il creatore) gli abiti simultanei di Sonia sono costituiti da forme semplici e taglio dritto per far risaltare il colore, protagonista indiscusso delle sue creazioni. Nei vestiti l’arte astratta diventa quasi concreta e assolutamente comprensibile a un pubblico più vasto ed eterogeneo. I tessuti sono caratterizzati da texture vivaci raffiguranti composizioni di rettangoli, cerchi, figure geometriche regolari e irregolari, linee e macchie di colore, perfetti con le forme lineari e senza tagli degli abiti degli anni Venti.
Si allontanavano dagli stili classici femminili dell’epoca, introducendo un canone, un look che più corrispondeva al concetto moderno di donna, autonoma e dinamica. In un mondo sconvolto dalla prima guerra mondiale, il ruolo delle donne stava cambiando, così come la tecnologia che stava crescendo rapidamente grazie all’introduzione dell’automobile e dell’aereo: simboli di movimento, controllo e indipendenza.
Inaugurando una nuova rappresentazione della concezione di donna moderna, e tentando di rovesciare la separazione di genere in un mondo dominato dagli uomini, Sonia contribuì indubbiamente all’evoluzione dell’abbigliamento e del gusto nell’arredo moderno (collaborò con Chanel, Heim, Lanvin e vestì attrici famose come Greta Garbo e Gloria Swanson).
La rivoluzione cromatica che ne derivò, ancora oggi è fonte d’ispirazione per molti stilisti.
Amava definire il colore “la pelle di questo nostro mondo” , un mondo che lei stessa cercò di migliorare “restituendogli felicità”, Ebbe inoltre la capacità di rinnovare l’arte del tessuto e dell’arazzo prendendo spunto dalla pittura. La corrente artistica di cui faceva parte, l’orfismo, si orientava nella ricerca della geometria, creando opere di puro colore: ebbene, perché questa novità doveva fermarsi solo alle tele? Trasportando la geometria e la cura delle tinte nei tessuti moderni, futuristi, dal taglio semplice e squadrato eppure intrisi di colore, come una continuazione delle sue tele, l’artista ucraina ( ispirata da un costante bisogno di portare l’arte in qualsiasi aspetto della vita quotidiana) offrì al pubblico parigino e non solo, la possibilità di indossare l’arte e di tappezzarne anche la propria casa.
Nel suo libro L’influenza della pittura sul mondo, Sonia spiegò che ogni colore a noi visibile è in realtà composto da una miriade di altre tinte, che riunite danno luogo a quelle che noi osserviamo. Ma se queste tinte, poi, fossero state scisse attraverso un prisma, avrebbero potuto mostrare allo stesso tempo il loro sottile legame e la loro ricca diversità.
Ecco perché l’accostamento di tanti colori per lei non era semplice estetica, si basava sulla ricerca dei fondamenti essenziali della sua sorprendente ed avanguardistica visione.