Molti credono che la banana sia solamente un frutto da dessert, mentre si tratta invece della quarta pianta alimentare in ordine di importanza globale dopo frumento, mais e riso, rientrando nell’alimentazione dei circa 500 milioni di persone. Tutte le parti della pianta sono utilizzate, foglie, gemme, radici e persino la linfa. E come le altre sopracitate, la banana è una pianta simbolica, rituale, sacrale e cosmologica.
Storia
Alla banana, considerata il cibo dei pensatori, venne attribuito il nome botanico di “Musa sapientum” da Linneo nel XVIII sec. Altre fonti affermano che il genere delle banane, Musa, deve il suo nome ad Antonio Musa, medico dell’imperatore romano Augusto. La stessa parola banana parrebbe invece derivare dall’arabo banan, che significa “dito”, o forse da una lingua indigena della Guinea.
Questo frutto, che vanta una storia lunghissima e apparve per la prima volta in un testo del canone buddhistico del 600 a.C.( ma si hanno prove della sua esistenza in Nuova Guinea già nel 5000 a.C.) ebbe diffusione assai lenta nel mondo a causa della sua deperibilità.
Presente in Madagascar e Uganda fin dal 500 a.C., Greci e Romani vennero a conoscenza della sua esistenza solo grazie alla spedizione di Alessandro Magno in India (326 a.C.).
Il banano raggiunse quindi, diversi secoli dopo, l’Africa orientale e le coste occidentali grazie agli arabi, presso i quali veniva menzionata dai medici per le proprietà terapeutiche, ed infine l’America del sud portata dai conquistatori spagnoli e portoghesi.
Pressoché sconosciuta nell’Europa medievale, nonostante piante di questo genere si trovassero in realtà anche in Sicilia, i frutti erano noti solo attraverso i racconti di mercanti, crociati e pellegrini. Un frate francescano al ritorno dalla Terrasanta ebbe infatti a scrivere: “chiamasi questo gentil frutto Musa, perciò che veramente è cosa degna delle Muse, o veramente perché le Muse usano tale cibo; questo è quel frutto che Adamo mangiò nel Paradiso”.
L’identificazione della musa come frutto del peccato, anche per la forma fallica, comportò così una sua connotazione afrodisiaca già citata nel codice miniato trecentesco “Tacuinum Sanitatis”.
Proprietà medicamentose
Una leggenda attribuiva, se fumata, proprietà allucinogene alla buccia essiccata della banana.Una leggenda con un fondo di verità. L’imbrunimento delle banane mature, passando dal giallo al marrone fino ad arrivare al nero, è principalmente dovuto a grandi quantità di serotonina, un importante neurotrasmettitore, prodotto dal triptofano delle bucce di banana, che aiuta a superare o prevenire la depressione influenzando positivamente l’umore e rilassando il corpo.
Questo frutto, il secondo più diffuso al mondo dopo la mela, si sviluppa anche senza che il fiore sia stato fecondato, e per questo non contiene semi. Ricco di vitamine, potassio, calcio, fosforo e ferro, favorisce il buon funzionamento dei muscoli. Nella medicina popolare dei paesi tropicali tutta la pianta, dalla corteccia ai frutti, è considerata risorsa preziosa.
Pare che Teofrasto, filosofo e botanico greco del IV sec. A.C., fosse stato il primo a lasciare una testimonianza storica del ruolo alimentare della banana. Anche Plinio Il Vecchio, scrittore, naturalista e filosofo romano del I sec. D.C., la descrive come “Cibo dei sapienti”, in quanto frutto preferito dai savi orientali.
In tempi molto più recenti, alla fine del 1600, Padre Labat, religioso domenicano, descrisse tra i primi, la vita nelle isole caraibiche, inclusi gli usi che delle banane facevano gli abitanti. Nel XVIII sec. furono poi i francesi Denis Diderot, filosofo e scrittore francese, e Jean Baptiste Le Rond d’Alembert, matematico e astronomo, a sostenere addirittura le capacità medicamentose.
Se Plinio il Vecchio esaltava le qualità gustative delle banane, dal punto di vista alimentare, Alessandro il Grande proibì addirittura ai suoi soldati di mangiarne.
Nonostante queste ritrosie iniziali, a partire dal XVI sec. la banana divenne nel nuovo mondo, il nutrimento base per milioni di schiavi di colore impiegati nelle piantagioni di canna da zucchero.
A conferma di ciò, Antoine-Alexis Cadet de Vaux, chimico e agronomo francese vissuto a cavallo del 1800, narrava di come la banana potesse nutrire 50 persone, la patata 20, mentre il frumento solo 2. Aggiungendo in più, che 15 metri quadri di bananeto erano sufficienti per nutrire un messicano (mentre se questi si fosse nutrito di frumento ne sarebbero occorsi 120 per sfamarlo).
Infine, il navigatore francese Jean Baptiste Boussingault (1802-1887), chimico e agronomo, dedicò alla banana ben dieci pagine della sua opera più importante.
Non solo dessert
Le banane da dessert rappresentano il 60% della produzione mondiale (15 Mt/anno). Vengono raccolte ancora immature, quando tutto lo zucchero è sotto la forma complessa di amido. Man mano che il frutto matura l’amido si trasforma in zuccheri più semplici pari al 19%. All’interno di questo 19%: il 20% è glucosio, il 15% è fruttosio, il 65% è saccarosio. Rimane circa un 1% di amido non idrolizzato. Il frutto apporta anche proteine, sali minerali, (potassio in particolare) e delle vitamine (A,B e C). La maturazione avviene in circa 11 giorni.
Sebbene noi conosciamo quasi esclusivamente la banana da dessert, cioè un frutto che consumiamo crudo e maturo, ne esiste una diversa variante: la Banana Plantains. Nei luoghi dove tradizionalmente vegeta, si usa il frutto in modo alquanto diverso.
Essendo innanzitutto fonte di amido le banane sono la base nutritiva dei popoli delle zone tropicali umide. Sono definite banane “plantains” e non hanno subito una selezione particolare (solo massale) come le banane da dessert, rispetto alle quali contengono più zuccheri.
Si consumano nei luoghi di produzione, sia cotte immature, sia crude, e in tal caso mature. La banana immatura la si sbollenta per essere spellata e poi la si cuoce per aggiungerla agli intingoli della carne o del pesce. Può essere inoltre mangiata anche fritta. La banana matura è invece spesso cotta parzialmente e fa da contorno alla carne di maiale o di pollo. Ma può essere anche seccata al sole per poi farne farina per prodotti da forno, oppure cotta per aggiungerla al pane, e in ultimo con la banana si può produrre anche la birra dopo fermentazione, sfruttando gli zuccheri in essa contenuta.
La banana al cinema
La banana compare da protagonista in molti film e fra questi vale sicuramente la pena di ricordarne due.
Polvere di stelle
“Polvere di stelle” è un film commedia del 1973 scritto (in collaborazione con Ruggero Maccari e Bernardino Zapponi), diretto e interpretato da Alberto Sordi, in coppia con Monica Vitti, che si aggiudicò il David di Donatello per la migliore interpretazione femminile. Nel film compaiono anche i camei di due noti attori della rivista italiana del periodo: Carlo Dapporto e Wanda Osiris.
Il film racconta dei sogni di gloria di una sgangherata compagnia d’avanspettacolo durante la seconda guerra mondiale. Approfittando dell’euforia post-liberazione la compagnia di Mimmo Adami e Dea Dani riesce ad ottenere uno strepitoso successo al Teatro Petruzzelli di Bari. Poi però, svanito il momento di gloria, tutto tornerà nella più banale normalità, ed anche il breve successo rimarrà un lontano ricordo.
Nella colonna sonora, la canzonetta “Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai” , diverrà in breve tempo un vero e proprio cult.
Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai? – Alberto Sordi e Monica Vitti (“Polvere di stelle”, 1973)
Banana Joe
“Banana Joe” è una commedia di Bud Spencer (che firmò il soggetto con il suo vero nome, Carlo Pedersoli) del 1982, girata a Turbo, nel golfo di Urabá, una bellissima località nel Nord-Ovest della Colombia. La storia è quella di una rivoluzione (quasi) pacifica, ottimamente punteggiata dalle ispirate musiche dei fratelli De Angelis.
Banana Joe è un commerciante di banane che vive in un minuscolo villaggio del Sudamerica; è analfabeta e non conosce l’uso del denaro né alcuna pratica del cosiddetto mondo moderno. Vive di banane e basta. Ma quando nel villaggio arriva il losco Tortillo (Giuseppe Barra), che con il suo distinto aiutante (Enzo Garinei) e i quattro tirapiedi che lo seguono (tra i quali si riconosce Nello Pazzafini) decide di impiantare un enorme “bananificio”, Banana Joe comincia a ribellarsi e menare le mani. Buon ritmo, scazzottate scoppiettanti e ambientazione esoticheggiante, sono il sale del film. Orfano qui dell’inseparabile Terence Hill, Bud scrive da sé il soggetto e inventa un personaggio particolarmente azzeccato, che calza alla perfezione sul suo aspetto da gigante buono.