Sabato 15 febbraio, a oltre trent’anni di distanza dalla sua nascita, la Fondazione Sassi ha riaperto le sue porte alla città di Matera, all’Europa e al mondo, nel segno tracciato dal suo Fondatore, mio padre, Mario Salerno. Era il 1990 quando, insieme a lui, una squadra di professionisti ed amici, animati da passione, lungimiranza ed una buona dose di creatività ed inventiva, collaborarono al progetto portandolo a compimento. Rispetto alla missione per cui la Fondazione fu concepita e creata, oggi, nel ridarle nuova vita, non è cambiato nulla. La lista delle priorità è lunga ed è fedele al progetto così come pensato ed attuato dai padri costituenti:
– Recupero e indirizzo del patrimonio urbanistico, artistico, naturalistico. Questi spazi che ci ospitano appartenevano a un antico vicinato in abbandono;
– Promozione e sostegno di iniziative culturali, sociali, civili ad ampio raggio, con attenzione particolare per i giovani e per il territorio;
– Offerta di spazi polifunzionali a disposizione di tutti: istituzioni, associazioni, terzo settore, università, scuole, professionisti, chiunque abbia una buona idea e voglia provare a concretizzarla;
– Ospitalità residenziale per giovani di altri Paesi che vogliano conoscere i luoghi e per chi voglia farne oggetto di studi, analisi, invenzione;
– E ogni altro proposito avvincente che possa venire in mente e cerchi un punto di appoggio su cui fare leva.
La generazione che ci ha preceduto ci ha lasciato uno strumento preziosissimo: un vero “gioiello” che sentiamo il dovere di riportare alla luce. I motivi sono molteplici ma possiamo sintetizzarli così:
– sul piano giuridico, la Fondazione Sassi è stata la prima Fondazione costituita a Matera;
– sul piano delle dotazioni, la sede è ampia e molto bella: divisa su tre complessi, con un antico forno incluso nel perimetro, spazi sia ipogei che in luce e con affacci verso la conca e persino un giardino pensile;
– sul piano della costruzione di relazioni istituzionali e personali, la Fondazione Sassi lascia un’eredità prestigiosa. La stessa adesione cittadina, sorprendentemente numerosa, variegata e spontanea, sabato 15 febbraio all’evento di intitolazione della Sala Conferenze a Mario Salerno, ha testimoniato già della capacità di sensibilizzazione e aggregazione, ingredienti fondamentali perché realtà piccole, ma ad alto potenziale, come Matera e la Basilicata, possano dire la loro sul palcoscenico globalizzato di oggi.
A proposito di relazioni istituzionali e personali tramite la Fondazione, mi piace ricordare due esempi dai primi tempi del mandato di Mario Salerno. Il primo è la visita, nella stessa sala a lui intitolata, del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione del trentennale dello Statuto della Regione Basilicata, era il 2001. Il secondo è il “Premio alla Cultura” riconosciutoci da un’altra Fondazione Italiana, la veneta “Giuseppe Mazzotti”, che nel 1993 mio padre ritirò in compagnia di mia madre, Antonietta Sacco, testimone preziosa, fedele e riservata dei tanti progetti sognati e poi realizzati. Questo premio, a poco più di due anni dalla nascita e quando era fondamentale prendere slancio, arrivò anche grazie a un nostro concittadino, Luciano Freuli, tra i primi amici e sostenitori, che conosceva la Fondazione “Mazzotti” e prese iniziativa di presentare la candidatura di Matera.
La Fondazione non è nata inattesa o per un’ illuminazione improvvisa nel 1990. Sono consapevole che essa è il condensato di un percorso molto lungo di maturazione personale fatto di studi, idee, progetti, sforzi, tentativi, anche difficoltà, ma sempre a servizio del progresso e del futuro della nostra comunità. Questa è una ragione in più per provare il massimo rispetto ed il massimo senso di onore e responsabilità per la carica che ricopro.
Oltre alla Fondazione, sono tre le iniziative più importanti di Mario Salerno, e le voglio ricordare perché corrispondono ad altrettanti snodi nella storia recente di Matera e della Basilicata.
- Se ne è quasi persa memoria, ma è a un non ancora quarantenne
Mario Salerno che si deve l’arrivo a Matera nel 1976 del telèro
“Lucania ‘61” di Carlo Levi, un’opera densamente simbolica della
storia non solo della nostra terra ma dell’intera Italia repubblicana.
Era stata smontata e stipata negli scantinati della Prefettura di Torino
dopo la chiusura dell’Esposizione universale, e rischiava di andare
addirittura perduta. Adesso è un pezzo pregiato della Pinacoteca di
Palazzo Lanfranchi. - Al nome di Mario Salerno è legato anche il “Centro studi sulla
montagna lucana” che negli anni Sessanta pose le basi per la
creazione sia del “Parco regionale di Gallipoli Cognato e delle
Piccole Dolomiti”, sia della “Riserva naturalistica orientata di Tre
Cancelli di Tricarico”. In particolare, l’attenzione alla vasta area
naturalista e paesaggistica delle Dolomiti, nel cuore della Lucania,
servì, in quegli anni in cui venivano progettati i tracciati delle
superstrade fondovalli, per limitare al massimo sottrazione e
spacchettamento del territorio. Era una linea d’azione di cui Dinu
Adamasteanu, primo Direttore della neonata Soprintendenza
Archeologica della Basilicata e amico di mio padre, si sforzava di fare
comprendere l’importanza. Oggi Castelmezzano e Pietrapertosa
sono nell’elenco dei “Borghi più belli d’Italia”. Ne nacque anche un
volume, “Da noi la malvarosa è un fiore”, che fu presentato al
Presidente della Repubblica Giovanni Leone, a Roma in una giornata
in cui molti Sindaci dei Comuni lucani furono ricevuti in Quirinale.
Ci sono anche foto e qualche articolo stampa. La “Malvarosa” è un
volume ormai raro, quasi introvabile, ma alcune copie saranno
consultabili in Fondazione. - Ma soprattutto, è a Mario Salerno che va ascritto il progetto esecutivo
per portare a Matera la sede del Mediterraneo del Sud del “Collegio
del Mondo Unito” a fine anni Ottanta. Tra i tanti ricordi, è quello più
macroscopico, sia perché è più vicino nel tempo (ero liceale allo
scientifico), sia perché avrebbe potuto cambiare radicalmente gli
orizzonti della Città. E dei territori vicini, lucani e pugliesi. Si arrivò a
un passo dal successo, con collocazione identificata nel complesso
conventuale di Sant’Agostino affacciato sul canyon della Gravina.
Adesso che i dati demografici continuano a fotografare una Città e
una Regione in spopolamento e sempre più vecchie, dobbiamo
riflettere su che cosa avrebbe significato avere a Matera un flusso
continuo di giovani, con energie e capitale umano fresco, provenienti
potenzialmente da tutto il Mondo. Adesso che stentiamo a interrogare
il futuro, quella possibilità, allora sottovalutata, ci appare in tutta la
sua stravolgente positività, purtroppo mancata anche per
“piccolezze” locali e incapacità a fare rete, cose che vorremmo non
rivedere più.Altro che la sede provinciale di alcune facoltà, già marginali di loro, dell’Università della Basilicata, strappate alla medievale contesa tra capoluoghi, la stessa che sta sfiancando il sistema sanitario regionale. Nell’archivio della Fondazione Sassi saranno custoditi carteggi, documentazioni, rilievi, planimetrie, programmi di quella grande idea, frutto di una mente aperta, sognatrice e visionaria. Non saranno lì per polemica o nostalgia, ma come esempio e monito per noi e per chi, con noi, vorrà portare avanti questo grande progetto di riappropriazione e rinascita.La Fondazione Sassi è stata il parto sofferto di quella occasione mancata. La verità è questa, è figlia del “Collegio del Mondo Unito”. Chiusa quella possibilità, su cui erano state riversate energie e risorse di Mario Salerno e di tanta parte della migliore intellighenzia cittadina (tra i quali Michele De Rosa De Leo e Pino Gandi) la scelta fu di creare una nuova Istituzione cittadina che fosse di casa per altre idee e altri progetti, un catalizzatore permanente per farsi trovare preparati e pronti. Il senso dell’avvicendamento che abbiamo voluto condividere è proprio questo: che la nuova generazione si mostri preparata e pronta, prenda redini e responsabilità di questo patrimonio immateriale e materiale che ci è stato lasciato, e lo riproponga per il futuro, adattandolo alle nuove sfide, aprendolo a nuovi percorsi e aprendo nuovi percorsi.
La Fondazione Sassi torna pertanto alla luce, con il massimo impegno e lo sforzo di coinvolgere tutte le persone che, da Matera o da fuori, vorranno dare il loro contributo e impiegare le loro energie. Contiamo, per esempio, sui tanti concittadini, di tutte le età, che nei decenni scorsi sono partiti da Matera e dalla Lucania per costruire la loro strada altrove. Fare rete, anche da posti lontani e dopo i percorsi più diversi, è una fattore di ricchezza e strategico da mettere a frutto. Opererà per allargare la rete e tenerla sempre aperta.
Infine vorrei condividere con voi una frase, un appunto scritto di suo pugno da mio padre e ritrovato in una delle innumerevoli agende negli scaffali della libreria nel suo studio.
Il pannello del maestro Annona, che ora si può ammirare nella Sala Mario Salerno, l’appunto, la “Malvarosa”, documenti della Riforma Fondiaria in Fossa Bradanica …chissà quante altre cose potremo scoprire … È una frase di Platone dal Fedro. Ve la riporto così come l’abbiamo trovata: “Per chi intraprende cose belle, è bello anche qualsiasi cosa gli tocchi.” Credo che riassuma molto bene sia l’indole mite e altruista di mio padre, che il suo garbato ma tenace sforzo costruttivo.
E se le Istituzioni possono caratterizzarsi per le qualità delle persone che le fanno vivere, ci impegneremo perché altruismo, garbo e tenacia tornino ad essere i tratti distintivi della Fondazione Sassi.
W la Fondazione, W Matera!