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uaderni de La Scaletta

I nostri sguardi, le nostre parole, restano il confine che di continuo cambia tra le cose andate e quelle che vengono

Lo sguardo degli altri

Matera, città madre

Parlare di Matera vuol dire ricordare una stagione della vita, quella dell’infanzia, coincidente con la seconda parte degli anni ’60 e l’inizio degli anni 70, in cui le distanze in Basilicata erano veramente molto grandi, nonostante le località fossero vicine. Dire Matera era riferirsi a qualcosa di cui essere orgogliosi, con il sinonimo dei Sassi. Significava anche fare un viaggio molto molto lungo.
Sono nato di fronte ad Aliano, al quale è legato il nome Carlo Levi che non dimenticò però, nel suo ‘Cristo si è fermato ad Eboli’,  Giuliana la Santarcangiolese. Ebbene per quelle due località, Aliano, materana, e Sant’Arcangelo, potentina, correva e corre ancora il confine provinciale tra Potenza e Matera. Allora quel confine esprimeva il senso di distanze non banali perché pieni di curve.  Potenza era la “civiltà”: c’erano i semafori e si trovavano edicole con tutti i giornalini, parte dei quali arrivava di tanto in tanto negli empori o venivano venduti, usati, dal barbiere.
Le distanze interne sono cambiate dalla seconda parte degli anni 70 e successivamente,  grazie alle nuove provinciali. Poco tempo fa ho ripercorso per errore le vecchie strade interne che erano piene di curve e ho trovato talvolta, con sconcerto, le stesse buche e gli stessi segnali di tanto tempo prima.

Rispetto alle generazioni che emigravano per studiare negli anni 60 e, in modo più massiccio, nei 70 e anche negli anni successivi, molte cose sono cambiate. Sono passati quasi cinquant’anni. È arrivata l’università tanto a Potenza quanto a Matera e visitando Tricarico ho avuto il piacere di vedere che c’è un distaccamento dell’Università di Matera nel paese di Rocco Scotellaro.
Eppure Matera, dove Rocco Scotellaro aveva in parte studiato da giovanissimo nel suo pellegrinaggio scolastico dalla Basilicata alla Campania a Trento, fu amara per lui: la lotta per l’occupazione delle terre venne contrastata dai suoi detrattori attraverso l’accusa di concussione, per la quale l’8 febbraio 1950 venne arrestato e condotto in carcere, per 45 giorni, nella città dei Sassi (cella numero 7). Il 24 marzo 1950 la Corte di Appello di Potenza prosciolse  Scotellaro ordinandone la scarcerazione “per non aver commesso il fatto” e “perché il fatto non costituisce reato”. Si parlò anche  di ” vendetta politica” .
Lungo quel confine provinciale si decise molto della sua vita e anche del suo andarsene via. La vita di Scotellaro non finisce con la poesia sui contadini amata da Nenni. Invito a rileggere alcuni saggi di Giovanni Caserta a riguardo.
“…Tornando indietro, si trovano le cose non mosse, rifiorite o morte”, avrebbe scritto Scotellaro in una bella poesia fatta pubblicare da Levi in ‘Margherite e rosolacci’. Ebbene tornando a Matera ho trovato le cose rifiorite e, in Palazzo Lanfranchi, anche ‘Lucania 61’ di Carlo Levi , la sua celebrazione piena di amore per Scotellaro e la Lucania tutta.

Matera è pensare a una città madre e lo è davvero. Appartiene letteralmente al genere umano perché insieme ad Aleppo in Siria e a pochi altri centri ha una continuità di vita che conta più di 10 mila anni. Girando per le sue strade si ha la sensazione di stare sulla soglia dell’oriente. Il suo biancore diventa talvolta accecante. Matera è un sedimento profondo e bianchissimo che deve essere continuamente sottratto alla fiera dei luoghi comuni.
Si discetta per effetto di polemiche politiche sull’appartenenza o meno di Matera alla Basilicata. Mi sento di dire che senza Matera la Basilicata non sarebbe la stessa cosa, in una storia che appartiene all’homo sapiens e a Bisanzio, alla lotta tra l’Impero romano e le città federate con Cartagine, al Risorgimento e alla ribellione contro il nazismo di cui Matera va giustamente fiera. Matera e città precristiana e cristiana, è teatro, con il suo territorio,  di rappresentazioni riuscite del Vangelo, non a caso, perché Cristo poteva scendere tranquillamente da Craco così come scendeva da Nazareth anche se poi si è fermato per molto tempo a Eboli.
Si parla molto dei difetti dei Lucani, come ad esempio il celebrare con facilità ciò che viene da fuori piuttosto che valorizzare ciò che viene da dentro.  Spesso non lo si fa per invidia (“Ritorno al bugigattolo del mio paese, / dove siamo gelosi l’un dell’altro”, Rocco Scotellaro 1952) e allora si guarda fuori per evitare che qualcuno “alzi la testa”.
Una certa rivalità tra Potenza e Matera è determinata da concorrenza politica ed è qualcosa che fa male alla crescita di una regione che, al di là delle forme, sembra talvolta imitare le vecchie baronie, prerisorgimentali e localiste. Sono le stesse che hanno ritardato, tra l’altro,  lo sviluppo delle infrastrutture. Potenza, che pure non era un centro urbano particolarmente sviluppato, era riferimento perché capoluogo e il luogo della ferrovia che collegava al resto del Paese, nella Lucania del monobinario e in cui Matera (i cui abitanti hanno vissuto nei Sassi fino agli anni ’70) è collegata a Bari da una ferrovia privata.
Stazioni, treni, autostrade tornano tra i versi di Scotellaro ripetutamente.
Sono il contraltare delle strade sterrate percorse dalle vetture dei poveri: gli asini.

Michele Brancale
(giornalista e scrittore)

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