Non mi sono mai sentito così magicamente folle
Non ho mai visto lune, capito il senso del mare
Non ho mai tenuto un’emozione nel palmo della mia mano
O sentito dolci brezze in cima agli alberi
Ma ora tu sei qui
Illumini il mio cielo del Nord
C’è una musica seducente che si può ascoltare fuori dal frastuono dei nostri giorni, dalla civiltà delle immagini, dalla metastasi della notizia lampo nella società liquida. Un’affascinante visione dei nostri infiniti destini.
Nicholas Rodney Drake, detto Nick (Yangon, 19 giugno 1948 – Tanworth-in-Arden, 25 novembre 1974),incise solo tre dischi: Five Leaves Left, folgorante esordio di una luminosa bellezza, Bryter Layter, album perfetto nel suono e negli arrangiamenti, e senza alcun punto debole (entrambi del 1969) e Pink Moon (nel 1972), un canto del cigno di una raffinatezza ed essenzialità quasi ascetica. Tre gioielli assoluti di folk acustico, dark e delicatamente barocco, che segnarono un percorso solitario, rigoroso, alieno da qualsiasi compromesso commerciale.
Alcuni poeti evocano, altri invocano, i rari come Drake, semplicemente, sibilano. Nick attraverso il suo stile e la sua peculiarità, (quella particolare via con cui un poeta rende la sfasatura ancora, appena intelligibile, del linguaggio) era riuscito a trasformare i suoi occhi in uno strumento musicale e con l’immaginazione soppiantare la realtà esteriore. Infine si ritirò dai suoi genitori, nella campagna del Tanworth, un piccolo villaggio a nord-est di Birmingham, a «Far Leys», in una villetta in mattoni rossi a due piani, dove aveva vissuto un’infanzia felice, trascorrendo i suoi ultimi due anni di vita, lontano da tutti e da tutto.
Solo quando non cerchi di agguantarla, distruggendone il corpo delicato, la farfalla si poserà sulle tue mani.
La mattina del 25 novembre 1974 verso mezzogiorno fu trovato morto nel suo letto, il corpo sdraiato sopra le coperte, dalla madre.
Aveva solo ventisei anni, e un’overdose di Tryptizol lo aveva stroncato dopo l’ennesima notte insonne. Un’anima sola che tra accordi di cristalli baciava ormai se stessa negli spazi bianchi, dimentica del mondo. Come in una favola…
Se ne andò senza sapere che sarebbe diventato un cantautore di culto, suggerendo ad almeno due generazioni di musicisti indie un modo diverso di intendere il cantautorato con più poesia e meno compromessi. E senza poter neppure immaginare che le sue canzoni, intrise di una luminosità vertiginosa, sarebbero diventate talmente famose da essere utilizzate perfino come colonna sonora di importanti spot pubblicitari (proprio quella Pink Moon così triste, solitaria e finale).
Aveva dunque ragione il filosofo viennese Karl Popper nel porre il vecchio greco tra i nemici della nuova società aperta.