Esistono parole che condensano in sé una miriade di significati e che sanno rivelarci come dei piccoli simboli preziosi, la via più breve alla comprensione, anche di ciò che in apparenza, può sembrare inesprimibile.
Questo è un piccolo glossario di quelle parole.
La Fortuna
Ipotetica causa di eventi e circostanze non spiegabili razionalmente, immaginata mitologicamente come una dea bendata che distribuisce indiscriminatamente il bene o il male, teologicamente come una intelligenza angelica “general ministra e duce” dei beni mondani (in Dante Alighieri), umanisticamente come quel complesso di circostanze favorevoli che, sfruttato opportunamente, può contribuire al trionfo dell’intelligenza umana (in Niccolò Machiavelli).
Il 24 giugno, nel giorno dell’antico Solstizio d’estate, si celebravano grandiose festività nella città di Roma come pure nel resto della penisola italica. Erano queste delle festività rituali che coinvolgevano particolarmente la plebe agreste e riguardavano la dea Fortuna nella sua dimensione di Fors-Fortuna, ossia di dea della sorte (fors, fortis latino per “caso, sorte”).
Fortuna detta Primigenia (spesso raffigurata con una cornucopia ed il timone), era concepita come una madre primordiale, nel duplice aspetto di generatrice del mondo e di matrice di ogni realtà, presente, passata e futura, sovrana dei mutamenti del Fatum, che se opportunamente adorata concedeva regalità, come anche la possibilità di dominare le correnti date dal mutare del Fato senza rimanerne schiacciati.
Cicerone testimonia di come questa, nel grande tempio presso Præneste (oggi Palestrina, Roma) a lei dedicato, fosse raffigurata nell’atto di allattare Iuppiter e Iuno ancora bambini (Marco Tullio Cicerone, De Divinatione, XLI 85-86). Facente parte di un vasto complesso (il santuario della Fortuna Primigenia della fine del secolo II a.c.), il tempio della dea Fortuna presso Præneste era posto nei pressi di un santuario precedente, più antico, dove vi era un oracolo e vi si praticava il culto di Giove bambino; una sacerdotessa e un bambino estraevano rune da una scatola ed a seconda di queste si potevano trarre vaticini e carpire i mutamenti del Fato.
«Gli annali di Preneste raccontano che Numerio Suffustio, uomo onesto e ben nato, ricevette in frequenti sogni, all’ultimo anche minacciosi, l’ordine di spaccare una roccia in una determinata località. Atterrito da queste visioni, nonostante che i suoi concittadini lo deridessero, si accinse a fare quel lavoro. Dalla roccia infranta caddero giù delle sorti incise in legno di quercia, con segni di scrittura antica. Quel luogo è oggi circondato da un recinto, in segno di venerazione, presso il tempio di Giove bambino, il quale, effigiato ancora lattante, seduto insieme con Giunone in grembo alla dea Fortuna mentre ne ricerca la mammella, è adorato con grande devozione dalle madri. E dicono che in quel medesimo tempo, là dove ora si trova il tempio della Fortuna, fluì miele da un olivo, e gli arùspici dissero che quelle sorti avrebbero goduto grande fama, e per loro ordine col legno di quell’olivo fu fabbricata un’urna, e lì furono riposte le sorti, le quali oggidì vengono estratte, si dice, per ispirazione della dea Fortuna».