La nostra esistenza fluttua costantemente tra l’inesorabile scorrere del tempo e l’incertezza del futuro.
Il tempo scorre inesorabile
Avere a disposizione un tempo limitato ha generato nell’uomo un’ostinata inquietudine. La scienza ancora oggi testa brillantemente continue soluzioni per allungare la vita, con il fine ultimo di renderci immortali. Le nuove frontiere della medicina, dalla robotica, alla genetica, dalla prevenzione con AI, alla rigenerazione di tessuti artificiali, hanno spinto la nostra specie verso un cyber-uomo capace di vivere anche oltre i 100 anni, in buona salute. Una scommessa parzialmente vinta. L’immortalità è lontana, per fortuna.
L’ineliminabile incertezza
Oltre al tempo “finito” di cui disponiamo per vivere, l’altra ancestrale frustrazione dell’uomo è non riuscire a dare certezza al proprio futuro.
Se pensiamo ai riti propiziatori delle tribù preistoriche, delle prime civiltà medio orientali, o ancora, delle polis greche, cogliamo subito lo spirito predittivo del loro agire, la ricerca di una certezza: avere una stagione buona, un raccolto abbondante, una vittoria in battaglia.
Dal 1500 la rivoluzione cognitiva inaugurata con il Metodo Scientifico, grazie a pensatori e scienziati del calibro di Galileo, Bacone, Cartesio etc., ha forgiato il pensiero razionale come ricerca di una conoscenza che sia oggettiva, quantificabile e riconosciuta da tutti come condivisibile.
Grazie a questo approccio la scienza moderna ha posto l’uomo al centro della natura per indagarne le leggi, studiarne le regole e rielaborarle al fine di costruire un “ambiente” intorno a sé quanto più confortevole e incline alle sue esigenze. È stato proprio il dominio del pensiero scientifico/razionale su quello estetico/emozionale a generare nei secoli la grande illusione: poter governare l’incertezza futura.
La matematica, la fisica, l’intelligenza artificiale etc. hanno tentato, da sempre, di definire un processo più o meno razionale per definire un futuro prevedibile. Il tentativo ha coinvolto prevalentemente le scienze statistiche e i principi della probabilità, con il fine di “predire” il verificarsi di eventi futuri all’interno di ben definiti scenari probabilistici. Tentativo miseramente fallito. La natura e i suoi fenomeni, compresi quelli umani, non sono “imprigionabili” in intervalli statistici, il lancio di una monetina ha il 50% di probabilità che esca o testa o croce ma nulla garantisce che ciò avverrà nei prossimi 100 o 1.000 lanci, potrebbe anche accadere che per questi ultimi uscirà sempre “testa”! Questo semplice esempio mostra come ogni tentativo di ingabbiare il futuro in una certezza sia stato, e sarà sempre una chimera. La conseguenza? Siamo rimasti aggrappati a uno stato di precarietà cui facciamo fatica ad accettare: l’incertezza è ineliminabile.
L’arte di vivere nell’incertezza
Per superare il disagio di un “indomabile incertezza” il pensiero logico-razionale ha dovuto ammettere che le nostre scelte sono soggette a due sistemi di forze, quelle endogene sotto il nostro controllo, vale a dire forze che dipendono dalla nostra sensibilità, rientrando appieno nella nostra sfera decisionale e forze esogene quelle fuori dal nostro controllo, forze che dalla notte dei tempi vengono percepite come “destino”, “fato” o “fortuna”. Sono le stesse che generano quel futuro incerto e poco prevedibile che tanto temiamo. Se per le prime possiamo tracciarne una traiettoria e definirne il futuro, per le seconde dobbiamo imparare ad accoglierle e a disegnare un percorso per cogliere al meglio ciò che il futuro ci “serba in sorte”. In fondo, il destino, la fortuna, o la sorte che si voglia, è un ingrediente essenziale del nostro divenire uomini, per questo va accettato e governato con consapevolezza e spirito di sfida, in quanto strumento essenziale di ricerca di quell’umano sentimento di “auto-realizzazione” che risponde all’intima domanda del “perché siamo venuti al mondo”. Per riuscirci dobbiamo cambiare percezione del termine “destino” da stato di precarietà, che genera paura e disagio, a stato di opportunità, che stimola azione e intraprendenza verso una condizione di realizzazione futura. Uno scopo. Ogni nostra azione, infatti, risulterà essere priva di senso se non verrà ben incastonata in uno scopo preciso, un obiettivo cui tendere per realizzare il nostro essere, la nostra vita. In altre parole, potremmo dirci fortunati se impariamo l’arte di vivere nell’incertezza accogliendo la sorte senza temerla, ma bensì accettandola quale indispensabile ingrediente della nostra voglia di realizzarci.
L’arte di vivere nell’incertezza è la capacità di riconoscere il viaggio che dobbiamo pianificare per realizzare i nostri desideri, pienamente coscienti che il fato, il destino o il caso ci porranno dinanzi continue “sorprese” cui noi dobbiamo saper dare ospitalità e risposte. L’incertezza genera paure e insicurezza in quanto rende impossibile decidere a tavolino quale possa essere il nostro destino o la nostra fortuna, nel contempo la scienza e la tecnica, pur incapaci di generare un seppur minimo controllo sull’imponderabile futuro, ci consentono di entrare in possesso della giusta conoscenza per provare a rendere i fenomeni naturali incerti quanto più simili e vicini ai nostri fenomeni umani, indirizzare eventi imprevisti nell’alveo dei nostri progetti di vita. Per fare questo è necessario accettare l’incertezza ed essere disposti a mettersi in gioco a ogni nuovo cambiamento, noi pianifichiamo, disegniamo i traguardi che vogliamo raggiungere, selezioniamo gli strumenti e i metodi migliori per il loro raggiungimento, dopodiché dobbiamo essere pronti a ciò che ci riserverà il destino, reinventando di volta in volta le nostre scelte. La fortuna è indomita, non ha padroni, ma disegna, di continuo, nuovi sentieri che dobbiamo imparare a calpestare.
“La fortuna va da chi è pronta a riceverla” (Seneca).