Sono un uomo fortunato.
Pur non avendo nessuna idea di cosa sia la fortuna, e sapendo di appartenere alla stragrande e schiacciante maggioranza di coloro che non hanno nemmeno un presagio su chi o che cosa possa generarla. Abitualmente, però, scrivo canzoni e romanzi, e negli anni ho allenato certe competenze che mi hanno portato a pochissime ma solide convinzioni. Una tra queste è che l’ispirazione non sia un regalo che arriva come un dardo dal cielo, bensì il frutto di una mente costantemente addestrata a coglierla.
Ho la sensazione che fortuna e ispirazione siano parenti strette e che agiscano attraverso modalità simili. Così, se ogni uomo ha una sua seppur precaria idea di fortuna è semplice stabilire, che se tutto vale, nulla vale. La fortuna è una spericolata promessa all’ignoto.
Così come lo sono l’amore e la religione. Crederci significa necessariamente credere anche al loro contrario. Otto miliardi di monete, che cadono disordinatamente a terra un po’ di testa e un po’ di croce non permettono nessuna definizione, ma solo statistica, lividi e psicosi varie e variabili. Uno dei sintomi più frequenti del disturbo psicotico è il delirio che il dizionario e il DSM-V (manuale di psichiatria internazionale) definiscono in: “formazione patologica di convinzioni errate, assurde per contenuto, resistenti a ogni critica.” Idee false ma incrollabili, quindi. Ma quanto è romantico credere che l’amore sia per sempre, e quanto necessario, talvolta, attribuire a Dio la sua e la nostra esistenza?
Tanto.
Allora pazienza, se non sappiamo stabilire con precisione il conio delle nostre monete, possiamo essere certi però che esiste il momento in cui il nostro talento incontrerà l’occasione. Pazienza se non troviamo il senso, possiamo assegnare un valore a ciò che accade. Ho memoria di una mattinata di liceo di parecchi anni fa, quando l’amato professore di letteratura spiegando le opere di Leon Battista Alberti riportò una riflessione dell’artista: “migliore è la sorte di quanti, fidando nelle proprie forze fin da principio, nuotano lungo tutto il corso della vita.”
Non fidarsi della fortuna è stato determinante per me, per non essere rimasto ingannato quando il corso della mia vita è stato ventoso. Sono serviti muscoli e spalle forti per alzare le vele. Fu una “fortuna” aver scelto di ascoltare con premura quella lezione.
Mi è successo di scrivere buone parole per aver cercato buone fonti d’ispirazione. Leggendo, studiando e mancando le rime giuste, talvolta, e anche il sonno. Mi è successo di essere grato al mio destino dopo averlo strappato e poi ricucito.
Sono un uomo fortunato. Nella buona e nella cattiva sorte.