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L’intelligenza Artificiale è il nuovo Eldorado? Attenzione all’”effetto gregge"

Se affinità, seguendo la definizione che ne dà il Vocabolario Treccani, significa avere sentimenti, o comportamenti, simili e conformi, per chi fa ricerca economica il pensiero corre all’”effetto gregge”, che, oggigiorno,  si associa  a sua volta al tema dell’intelligenza artificiale (IA), ed ai suoi intrecci con gli investimenti finanziari. Di cosa si tratta?
In questi mesi, anche quando le borse valori rallentano, i titoli legati all’intelligenza artificiale continuano ad attirare l’attenzione del colto pubblico e dell’inclita guarnigione: galoppare, poi frenano, poi galoppano nuovamente. Niente di nuovo sotto il sole: da sempre, l’innovazione nell’economia reale si intreccia con l’esuberanza finanziaria.
Ma il singolo investitore non deve mai dimenticare la Lezione di Newton: puoi essere anche un genio, ma se non capisci quello che stai facendo, puoi avere brutte sorprese.
Le borse valori sono al centro dell’attenzione, ma le quotazioni “da IA” di più: nell’andamento generale dei prezzi azionari, spiccano, verso l’alto o verso il basso, le performance delle azioni di imprese legate alla cosiddetta intelligenza artificiale.
E’ indubbio che le applicazioni delle tecnologie per la produzione e la distribuzione  di informazione e conoscenza riassunte con il termine “Intelligenza Artificiale” stanno influenzando le scelte di aziende e settori, ed avranno impatti macroeconomici – ancora tutti da esplorare in modo completo e sistematico – che toccheranno la produttività ed il mercato del lavoro, quindi produzione e prezzi. Di certo il termometro dei prezzi azionari ha segnato temperature anomale.
Alla fine di agosto, il valore azionario della star del settore,  Nvidia, è aumentato dall’inizio dell’anno del 160 per cento, diventando la seconda azienda per capitalizzazione borsistica, dopo Apple. Le azioni Nvidia sono salite, poi scelte, poi risalite. Nessuna sorpresa, perché è una storia che si ripete: l’innovazione  si associa ad aspettative positive sul domani, che si riflettono immediatamente sui valori di oggi di quelle imprese che quella innovazione producono o distribuiscono. La ragione? Gli investitori fanno loro quelle aspettative.
Ma: se  le prospettive di una innovazione si fondano su informazioni aleatorie, in alcuni casi addirittura false, che l’investitore, per ignoranza o ragioni psicologiche, non riesce a riconoscere come tali,  il rischio assunto può essere eccessivo. Il fenomeno può inoltre essere amplificato dal fatto che gli investitori condividono comuni reti sociali.
E’ in quel momento che l’ eccesso di assunzione di rischio individuale può diventare  il cerino che alimenta il rischio sistemico: l’effetto finale sarà lo scoppio di una bolla finanziaria.
Quindi oggi stiamo osservando l’inizio – o la fine –  di una bolla? Assolutamente no, per definizione: le bolle non sono mai osservabili o prevedibili ex ante, possono solo essere verificate ex post.  Allo stesso tempo, però, dobbiamo ricordare che il mix tra innovazione ed un deficit informativo sottovalutato, può essere tossico per l’investitore individuale: singole “bollicine”, insomma, diventano più probabili, dove per “bollicina” indichiamo le perdite che un investitore individuale subisce per aver sbagliato l’inizio, o la fine, o entrambe le cose, di una scelta di investimento. E’ la Lezione di Newton,  legata al tracollo finanziario del geniale scienziato  inglese, avvenuto – nel suo caso –  nell’ambito di una più generale, e storica, bolla, scoppiata nell’”anno fatale” del 1720.
Gli ingredienti sono sempre gli stessi. C’è un’innovazione : in quegli anni,  dopo un periodo di turbolenze belliche, la pace si intreccia con un vigoroso sviluppo del commercio internazionale,   con il Regno Unito, insieme all’Olanda,  a far da attore dominante.
Della novità diviene simbolo una società, la Compagnia dei Mari del Sud, a cui il governo di Sua Maestà assegna il monopolio degli scambi –  cioè beni, servizi e schiavi –  con il Sud America. Le aspettative sui profitti di quel monopolio sono crescenti, si diffondono a macchia d’olio. Qui entra in gioco l’informazione che gli investitori hanno a disposizione: l’analisi dei fogli di stampa rivela  che le informazioni sulla Compagnia dei Mari del Sud erano parziali e partigiane.
L’effetto finale fu quello di una sottovalutazione dello svantaggio competitivo dell’iniziativa inglese rispetto alla consolidata presenza su quelle rotte di spagnoli e portoghesi. Agli inizi del 1720, e per le stesse ragioni,  verranno sottovalutate anche le implicazioni del coinvolgimento della Compagnia in una operazione di consolidamento del debito pubblico inglese.
Ed è qui che entra in scena Isacco Newton. Newton è un investitore abituale; ha solide  conoscenze finanziarie – tra le sue attività ci sarà anche quella di direttore della Zecca di Stato, in cui lavora dal 1696 –  e investe nella Compagnia. Newton inizialmente è scettico sulle prospettive reddituali della Compagnia. Ma in quei mesi del 1720 i profitti azionari non fanno che crescere.  Newton  monetizza i profitti realizzati investendo nella Compagnia
nell’ aprile di quell’anno, ma poi decide di reinvestirli  nuovamente nelle azioni della Compagnia – verosimilmente influenzato da quello che oggi chiamiamo “group thinking”, oppure appunto “effetto gregge”  – il cui prezzo  continua a crescere. E’ talmente convinto dell’investimento che indirizza sulle azioni della Compagnia capitali di cui era il gestore delegato. Ma la crescita di borse della Compagnia è eccessiva: il valore delle azioni piano piano si sgretola, progressivamente ma inesorabilmente. Newton non abbandona l’investimento. La scelta è perdente: alla metà dell’anno successivo i profitti di Newton – che erano pari a due terzi della sua iniziale ricchezza – sono completamente azzerati.
La “bollicina” di Newton era scoppiata, insieme a tante altre. Al genio inglese  viene attribuita una frase che suona “Non ho difficoltà a calcolare il moto delle stelle, la ho di fronte alla follia umana”. Chissà se la frase nacque dalle disavventure finanziarie della Compagnia.

Postilla: anche l’autore di Robinson Crusoe, Daniel Defoe, fece le stesse scelte di investimento (sbagliate) di Isacco Newton. Nvidia non è la Compagnia dei Mari del Sud, ma la Lezione di Newton è meglio non dimenticarla. Perché chi fa quel che altri fanno, senza saper in fondo perché, è vittima dell’”effetto gregge” , che è antico come il mondo.
Usando le parole del Sommo Poeta, nel Canto Terzo del Purgatorio, gli investitori si comportano “come le pecorelle escon del chiuso a una, a due, a tre e l’altre stanno timidette atterrando l’occhio e ‘l muso; e ciò che la prima, e l’altre fanno, (…) e lo mperchè non sanno”.

Donato Masciandaro
(Prof.re Ordinario di Economia Politica, Università Bocconi-Milano)

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