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uaderni de La Scaletta

Editoriale

Le comete hanno la celerità degli uccelli, fanno fiori di fuoco, profumano della stessa purezza dell’infanzia. Ad un desiderio più grande la natura umana non può mirare.
Il pensiero con cui scrittori, poeti e artisti operano, non agisce soltanto nella parola scritta o nella materia, ma in modo occulto anche prima e dopo la creazione, perché quel pensiero è una forza che risiede nell’aria e nello spazio in ogni istante. L’arte, la poesia, è moralità; racchiude nel suo nucleo una tensione etica e un’aspirazione superiore (già per Platone il bello era lo splendore del vero). Certo, esiste l’enigma, il mistero. Ma il mistero non è un gioco teatrale che sfrutta il labirinto di luci e ombre per impressionarci.
Il mistero permane nella luce. Solo allora acquista quel fulgore che chiamiamo Bellezza, una bellezza che non è più l’instabile istituzione d’una essenza inaccessibile, ma piuttosto un semplice fatto che appartiene a questo mondo.
La tradizione della Grecia antica è il pozzo inesauribile a cui attingere umanesimo, lettura delle contraddizioni, soluzioni alle crisi, e percezione dell’eterno. Dove coincidono gli opposti e si rafforza il senso eterno della luce e del sole, del buio e dell’oscuro. L’epos omerico d’altro canto, non fu concepito come qualcosa di sospeso sullo sfondo di un orizzonte perduto e inafferrabile, ma piuttosto come uno scrigno di valori umanissimi, assolutamente riscontrabili nel quotidiano delle donne e degli uomini moderni, con quel potente e latente messaggio eversivo che si cela sempre all’ombra del linguaggio poetico.
Dei poeti quali veri legislatori del mondo scrisse mirabilmente, il lirico britannico Percy Bysshe Shelley, in uno dei testi fondanti del Romanticismo europeo, la sua incompiuta Defence of Poetry del 1821 , sostenendo con forza la funzione incivilitrice della Poesia e quanto la fantasia poetica fosse un organo della stessa natura morale dell’anima.

Andare incontro a una sorta di splendido fallimento.

Il canto d’Orfeo, eterna fonte dell’arte poetica, è innanzitutto il canto dell’assenza, lamento della mancanza, lacerazione interiore dinanzi all’irreparabile perdita. Non si dà poesia nella pienezza dell’essere, ma unicamente nel suo venir meno.
È l’impossibilità stessa della vita, la sua terribile invivibilità, a farsi arte, musica, parola, nell’incessante dileguare dell’oggetto desiderato. Iniziato alla scienza della caducità, all’algebra dei sospiri, il poeta, cantando gli esseri e le cose, li salva dal loro immediato svanire, conservandoli nella provvisoria immortalità della parola. Vivendo in intimità con la morte, il poeta si annulla per essere in tutte le cose, divenendo puro sguardo sul mondo.
Il prezzo pagato per la superba inutilità della sua arte è altissimo: la perdita d’identità e il fallimento umano agli occhi della società, di cui lo smembramento di Orfeo ad opera delle Baccanti ci appare come l’eterno simbolo.

L’arte in tutte le sue declinazioni trascina gli inconciliabili e li riconcilia, avanza continuamente sulla riva dell’impossibile. Scopre nell’immaginario la manifestazione dell’essere, s’ avvia alla scoperta del reale assoluto e non giunge spesso che a un abbaglio istantaneo. A volte sogna e cavalca il turbine delle apparenze, altre, mescola l’accidia e la follia erotica al genio severo del lavoro, la ritrattazione che separa le cose e l’impeto a fondersi con esse, attività e passività, sogno e calcolo, assenza e presenza, gusto per la vita selvaggia ed estrema raffinatezza. All’apice della nostra cultura, l’arte pone tutti i problemi senza altra soluzione che l’arte stessa.
Soltanto rinnovandosi alla sua fiamma, pericolosa e necessaria ad un tempo, l’uomo ha la possibilità di trascendere sé stesso. Ragione ultima questa, di tutta l’arte dacché esiste l’ignoto, il mistero, e la voglia di indagarlo

Affinità, o del distinguere il tempo dall’eterno.

Michelangelo Buonarroti conosceva il senso dell’incompiutezza e l’accettava. Destinato a vivere la bellezza come mancanza (è al cospetto del nulla che ci si gioca l’immortalità), distingueva il tempo dall’eternità. In piedi su uno sgabello a cercare un rivolo di luce, mostrava al mondo con la sua arte che l’anima è quel deforme, quel marmo muto a cui l’esperienza spirituale – la disciplina nel rampicare l’abisso – dà forma. Una bellezza tutta ideale, atemporale, paragonabile soltanto all’armonia degli astri. Visse nell’arte e nella poesia perché non sapeva esprimersi in altro modo in certi momenti. Emergeva da estasi e stati contemplativi guardando al passato come equilibrio della luminosità, una luminosità che era anche trasparenza capace di penetrare il mistero.
Per venti anni Mark Rothko (al secolo Markus Rothkowitz, pittore statunitense di origine ebraico-lettone) non fece altro che dipingere, ossessivamente, metodicamente, asceticamente, dei rettangoli colorati dalle grandi misure, circa due metri per uno. Parallelepipedi silenziosi, di colore rosso, giallo, verde, ocra o arancio, dapprima luminosi, poi via via sempre più cupi, blu, marrone, fino ad arrivare ai grigi e neri degli ultimi anni che si fanno domanda vera di conoscenza (essere uno con il tutto: come è possibile? Che valore ha l’arte in questa incessante rincorsa verso la beata unitezza) alla ricerca della sottile estensione della luce infinita, originale, che brilla nel vuoto. Dell’armonia nascosta più forte di quella manifesta.
Essere uno con tutto ciò che vive. Una visione incredibilmente attuale, che sembra presentire la necessità futura, urgente nella nostra epoca (a fronte di una classe sociale dominante impegnata solo a canonizzare valori spenti e cinerini, conformisti e figli dell’assuefazione e della coazione a ripetere), di immedesimarsi in un grande destino collettivo, che oltrepassa l’individuo, la specie, e perfino il vivente e il terrestre.
Diego Velàzquez, uno degli artisti e ritrattisti più rappresentativi dell’epoca barocca, dipingeva con una tecnica suprema, sfuggente, miracolosa, per conciliare in un solo istante e con un atto d’amore, un principio e una fine, mettendo in dubbio non solo l’arte del suo tempo, ma anche il potere a cui doveva rispondere. Ne Las Meninas, capolavoro assoluto del 1656, al centro del quadro c’è lui, con il suo pennello, accanto stanno le meninas che egli non guarda, e i regnanti che sono solo un opaco riflesso in uno specchio in fondo alla sala.

Affinità o della “teoria di Maradona dei tassi di interesse”

Aristotele sosteneva che l’origine del movimento è il Motore Immoto che non partecipa del movimento, e che non essendo materia non è rintracciabile con misurazioni, perfino nel più ampio spettro sensibile immaginabile.
Nel 2005 Mervyn King, governatore della Banca d’Inghilterra dal 2003 al 2013, in un discorso sul lavoro dei banchieri centrali, propose un paragone che
a prima vista pareva centrare ben poco: il gol di Diego Armando Maradona contro l’Inghilterra ai Mondiali in Messico del 1986 (https://youtu.be/Oaxnk-Si61Y?si=0fsjkV3OVPVEMZ8),il più famoso della storia del calcio e acclamato come  “gol del secolo”.
In realtà fu un esempio assai efficace per spiegare come le banche centrali potessero influenzare le aspettative degli operatori finanziari anche senza far nulla di concreto, anche senza intervenire sul principale strumento a loro disposizione, i tassi di interesse.
Da allora questa teoria prese il nome di Maradona (“Teoria di Maradona dei tassi di interesse”), ed è risultata particolarmente veritiera soprattutto in questi ultimi anni. Secondo l’ex governatore della Banca d’Inghilterra l’azione di Maradona fu «un esempio del potere delle aspettative» che si può applicare alla teoria moderna dei tassi di interesse, quella che spiega la relazione tra la decisione delle banche centrali di muovere il livello dei tassi e l’andamento conseguente dell’economia.  King nel suo discorso chiarì così quel paragone: “Maradona ha corso per 60 metri dalla propria metà campo, evitando cinque giocatori prima di tirare la palla dentro la porta dell’Inghilterra. Ma il fatto davvero sorprendente in realtà, è che Maradona ha corso praticamente in linea retta. Come puoi evitare cinque giocatori correndo in linea retta?
La risposta sta nel fatto che i difensori inglesi hanno reagito a cosa si aspettavano che facesse Maradona. E mentre loro si aspettavano che Maradona andasse a destra o a sinistra, lui è riuscito ad andare dritto. La politica monetaria funziona in modo simile. I tassi di interesse di mercato seguono ciò che ci si aspetta farà la banca centrale.”

Affinità o del destino di una collapsar

Una collapsar è una stella estremamente massiccia il cui nucleo ha una massa superiore a 30 volte quella del Sole, e che una volta esaurito il carburante per la fusione nucleare implode in un buco nero, lasciando il materiale residuo della stella spiraleggiare rapidamente verso l’oscurità. La spirale di materiale, che dura pochi minuti, è così densa da distorcere lo spazio-tempo circostante, creando onde gravitazionali che viaggiano attraverso l’universo.
Nulla resta tranne il divenire. Un cuore umano non troverà mai pace dal suo sogno di eternità. Mai gli basterà la vita. Dovrà creare, cercare qualcos’altro, qualcosa al di là. Dovrà perennemente offrire la sua parte all’immortalità.

Edoardo Delle Donne

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