E’ sempre commovente andare in un cinema di paese, il cinema dell’Acli nell’unica proiezione delle 21,15, e vedere tanti spettatori, soprattutto tante spettatrici che riempiono sorprendentemente la sala. Sorprendentemente perché si capisce subito che il film “C’è ancora domani” ha incontrato il gradimento del popolo femminile. Si capisce che è un film che entra empaticamente in contatto con una generazione. Un film necessario perché intercetta la sensibilità e l’orgoglio femminile.
Paola Cortellesi esordisce nella regia e non lo fa in punta di piedi. E’ un esordio sicuro, convincente, con una sceneggiatura solida, un progetto estetico rigoroso, circondandosi di attori bravi. I suoi duetti con Emanuela Fanelli, l’amica fruttivendola, sono memorabili e ricordano la grande tradizione comica e brillante del cinema italiano.
Il film si presenta subito con un’ambizione precisa: nel suo esemplare bianco e nero riporta alla memoria il cinema neorealista italiano, le sequenze di Miracolo a Milano, Ladri di biciclette, Paisà, Accattone. La potenza delle immagini ti trascina in una Italia del dopoguerra, nel seminterrato di una povera famiglia italiana in cui i rapporti sono quelli stabiliti da una cultura autoritaria, maschilista. E’ un film che diverte per i dialoghi accorti, di sana comicità romana, ma che nello stesso tempo ti costringe a frenare la risata con un pensiero amaro sulla condizione femminile. Ed è un film sorprendente per la soluzione finale, dopo aver saggiamente depistato lo spettatore.
E’ un racconto sostenuto da uno sguardo squisitamente femminile, ma non ha mai un approccio forzatamente ideologico. Non è solo un film che denuncia le ingiustizie di una società patriarcale, è un film che pone un interrogativo grande come una casa a tutta la società civile: quanto tempo ancora bisognerà attendere perché la parità di genere, il rispetto della donna, la fine di ogni violenza contro di lei, non siano soltanto astratti propositi, ma prassi quotidiana, una profonda convinzione culturale? E’ una domanda che interroga l’intera società e che denuncia l’urgenza di un cambiamento radicale della cultura maschilista..
La regista ha voluto raccontare la storia di una presa di coscienza, di una lotta sofferta per la conquista di una piena cittadinanza. Si parla di un dopoguerra ormai lontanissimo, ma di questa nostra società si racconta, del nostro presente. Poiché ancora oggi le resistenze di una cultura patriarcale e maschilista non si sono spente. Proprio nell’anno in cui si registrano più di cento femminicidi nel nostro paese.
“C’è ancora domani” sta incassando tantissimo perché è un film atteso da tantissimo tempo. Un film necessario.
“Tremenda voglia di vivere” è invece un docufilm autoprodotto dalla comunità Exodus, fondata da Don Mazzi, insieme a Teatro a Manovella, ideato da Massimo Alì e Lorenzo Scoles, per la regia degli stessi Scoles, Alì e Francesco Matera, nella Comunità la Mammoletta dell’Elba, casa famiglia per recupero di tossicodipendenti diretta da Marta e Stanislao Pecchioli, due tenaci educatori .
I registi entrano in punta di piedi nella casa e rivelano la quotidiana ricerca di un faticoso percorso di rinascita. La riconquista della vita dopo il deserto, la scoperta di un nuovo cammino insieme agli altri, valorizzando la forza del gruppo, l’importanza di parlarsi e di ascoltarsi. Tutto questo attraverso la semplicità del vivere, procacciandosi la frutta, gli ortaggi, facendo il pane, le pizze. Convincendosi che tutti nella vita affrontano difficoltà che si possono superare se si tiene aperta la finestra della speranza.
Sofia, Cesare, Ludmilla, Davide, Andrea, Oleg, Sofia, Umberto, Iron, Simone, Lion sono i ragazzi che accettano la sfida di mettersi in gioco, di raccontare la parte oscura della loro vita. Il gruppo dei ragazzi protagonisti del film si racconta quando è già a metà del percorso di liberazione. Non si vedono fughe, crisi improvvise, ritorni disperati e laceranti, che pure sono all’ordine del giorno in una comunità di tossicodipendenti. Gli autori hanno voluto raccontare la parte construens del percorso, quella in cui i ragazzi sono consapevoli di essere sulla strada della rinascita, senza mai dimenticare che l’insidia della ricaduta è sempre in agguato. Tuttavia è consolante vedere quanto sia cementato nei ragazzi la certezza di arrivare positivamente alla fine del loro percorso. Anche questa è una storia di liberazione, dopo il buio della tossicodipendenza.
Dopo l’esperienza positiva in comunità, si ritorna nel gorgo, nelle strade dove non si è più scarto umano, con il proposito di perdonarsi, di riconoscere la propria fragilità, di accettarla senza avvilimento, come la fragilità disseminata in tutto il mondo.
Non è un film che entrerà mai nei circuiti cinematografici tradizionali. Non è un film commerciale, ma Tremenda voglia di vivere è un film necessario che dovrebbe essere acquistato dalla televisione pubblica e andrebbe adottato nelle scuole per una consapevole formazione degli studenti.