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uaderni de La Scaletta

In ogni viaggio si portano con sé radici d’albero e di fiori e un seme per piantare una speranza che germogli

Orizzonti diversi

Lost in Memories: risvegliarsi a Kyoto in un giardino zen tra le foglie d’autunno

Sentirsi “Lost in memories”. Questa è stata la mia sensazione durante i giorni trascorsi in Giappone. In due mesi ho cercato di trovare la via d’uscita dal labirinto delle memorie di un tempo passato in un Paese che è notevolmente mutato, impossibile specchiarsi nel suo riflesso in cui il silenzio era l’unica voce udibile. Sono tornata dopo 14 anni. Sono tornata a Kyoto, nella città in cui mi ero perdutamente innamorata di un Paese e della sua cultura. Conosciuta formalmente come Heian-kyo, Kyoto è stata la capitale del Giappone e la residenza dell’Imperatore dal 794 d.C. fino al 1868 d.C. Si respira tutta la sua storia tra centinaia di templi e quartieri storici in cui viuzze illuminate da lanterne sono fiancheggiate da autentiche case machiya. È impossibile restare indifferenti al fascino degli edifici in legno, al fiume Kamo che scorre accarezzando la città, ai colori stagionali dei kimono, ai giardini in ghiaia bianca dei templi. Molto spesso, infatti, all’immagine dell’antica capitale giapponese, si associa la tradizione buddhista zen. Basti pensare alla cerimonia del thè, all’ikebana, ai famosi dipinti in inchiostro, al tempio Ryoan-ji e al suo giardino patrimonio UNESCO.

«Nei rintocchi della campana del tempio di Gion riverbera la transitorietà del tutto.
Il trascolorare dei fiori degli alberi di sala mostra che tutto ciò che prospera è destinato a perire. Gli orgogliosi certo non durano, del tutto simili al sogno di una notte di primavera.»

L’inizio dell’Heike Monogatari del XIV secolo evoca appieno l’anima profondamente buddhista e zen di Kyoto, un’essenza che mi era familiare nei miei primi viaggi nella “città dai mille templi”. In tanti viaggiatori giungono nell’antica capitale per assaporare il misticismo zen e scoprire la spiritualità buddhista. Una delle caratteristiche salienti dello zen, con le sue diverse scuole ognuna con regole e tradizioni specifiche, è l’importanza attribuita alla semplicità e alla pratica di guarigione dei cuori e delle menti, con una profonda connessione con il mondo circostante. Essendo stata Kyoto la capitale imperiale e, considerando il forte legame tra l’imperatore e il buddhismo, molte delle principali scuole zen si sono stabilite qui durante l’epoca feudale. Ancora oggi, Kyoto rimane una destinazione di grande importanza per i pellegrini buddhisti, con oltre mille templi e di cui cinque santuari noti come “Le Cinque Montagne”, dedicati agli insegnamenti della Scuola Zen Rinzai. Per la scuola Rinzai, la più diffusa, l’illuminazione è concepibile attraverso il “vedere la propria vera natura” o “vedere chiaramente la natura di Buddha”.
Eppure, i primi giorni che ho passato a Kyoto non capivo più dove fossi. Dov’era il silenzio dei templi? Dov’era il minimalismo? Dov’era la magia del rintocco del passato?
Dopo il periodo difficile segnato dalla pandemia di COVID-19, il Giappone ha assistito a un notevole boom nel settore turistico. Con la graduale ripresa delle attività e il miglioramento delle condizioni sanitarie, il Paese del Sol Levante è diventato una meta sempre più allettante per i viaggiatori. E questo ha significato strade troppo affollate per poter camminare, templi così pieni da non sentire l’odore dell’incenso, giardini rumorosi e soffocati. Nel quartiere storico di Gion (famoso per essere il quartiere delle geisha), ad esempio, è comparso un cartello di divieto con multa per chi fotografa o filma le geisha e le maiko mentre si dirigono a lavoro. Erano ormai prese d’assalto come se fossero pokemon da catturare.
Il silenzio era scomparso. O almeno così sembrava.
Ho dovuto camminare per le memorie del mio cuore per poter ritrovare quella connessione che ti crea il silenzio e l’atmosfera di un tempio zen. In mezzo al caos delle orde di turisti chiassosi, individuare un luogo dove il camminare a piedi nudi sul legno provoca un delicato cigolio d’usignolo è stata una sfida ardua. A indicarmi la strada è stato il kōyō 紅葉, ovvero l’ammirare le foglie di acero cambiare colore in una sinfonia di sfumature gialle, arancio, e rosse. Il kōyō non è solo un fenomeno visivo, ma anche una tradizione culturale giapponese. Molte persone si dirigono verso parchi, templi e giardini per godere di questa bellezza effimera. Questo fenomeno non solo celebra la bellezza transitoria della natura, ma incarna anche l’idea giapponese della mono no aware, la consapevolezza della fugacità della vita. Il kōyō è quindi un momento di contemplazione e di connessione con la natura. Ed è stato grazie a questa scia di colori che sono riuscita a ritrovare le memorie del mio Giappone.
Il vento che sussurra tra le foglie di acero, e i raggi di sole che accendono e infiammano il rosso. Si cammina scalzi per i pavimenti di legno di stanze spoglie per l’occhio europeo, ma piene di contemplazione per i monaci. Pochi tratti di pennello creano armonie geometriche. La pittura zen non cerca la perfezione anatomica o la fedeltà alla realtà, ma piuttosto aspira a catturare lo spirito, la vitalità e l’armonia del soggetto. La tecnica chiave è il “sumi-e,” che si basa sull’uso dell’inchiostro nero diluito in varie tonalità per creare sfumature e profondità. Gli artisti praticano la spontaneità e l’intuizione, spesso realizzando le loro opere con rapidi colpi di pennello in un solo respiro, senza esitazioni o correzioni. Il pennello è il mezzo attraverso il quale l’artista riesce a incanalare la sua anima ed energia per materializzarla nel dipinto a inchiostro. La natura è un tema ricorrente nelle opere zen, con pini, bambù, fiori e paesaggi montuosi che simboleggiano la forza, la flessibilità e la bellezza della vita.

Si prosegue sfiorando il pavimento per altre stanze, girando su tatami morbidi. Dietro l’angolo, quasi nascosto, riposa il giardino. Ghiaia a onde, che si infrange su pietre per prendere direzioni diverse, come le scelte della vita. Nel concepire un giardino zen, gli elementi naturali e architettonici sono combinati in modo armonioso per creare uno spazio di meditazione e contemplazione. Si seguono le rocce, come se fossero ancore di un flusso naturale da seguire. I giardini zen sono progettati per evocare emozioni e stimolare la riflessione. La loro bellezza risiede nella loro semplicità e nell’uso sapiente degli spazi vuoti. Questi giardini non sono solo opere estetiche, ma anche strumenti per la meditazione e la contemplazione, offrendo uno spazio sereno per la calma interiore e la connessione con la natura circostante.
Mi sono seduta lì, tra le foglie cadute, in quel tempio deserto che sembrava un santuario segreto, lontano dal frastuono dei turisti. Kyoto, nella sua essenza, si è rivelata a me come un segreto ben custodito, un rituale nascosto che solo chi è disposto a cercare può scoprire. Mentre il mondo intorno a Kyoto è cambiato, con turisti fugaci e più superficiali, io ho trovato la mia uscita da un labirinto di ricordi, un labirinto che legava il mio passato a un’immagine ormai sbiadita. Le macchie rosse e gialle degli aceri sulla tela di ghiaia bianca hanno agito come una chiave, aprendo porte verso una comprensione più profonda. Kyoto, come me stessa, è cambiata nel corso del tempo. Ma la sua essenza, il suo silenzio, la sua bellezza intrinseca e la magia che si celano dietro i templi e i giardini, sono rimaste intatte, pronte a essere rivelate a coloro che sono disposti ad andare oltre le apparenze.
La città non è solo un luogo fisico; è un’esperienza intima, un dialogo silenzioso tra chi la visita e il suo spirito millenario. La magia di Kyoto non può essere catturata da selfie o da kimono fasulli; è un tesoro nascosto nel cuore di chi è disposto a fermarsi, ad ascoltare il suo silenzio, a respirare la sua atmosfera e a sentire la sua storia vibrare sotto la superficie. Kyoto cambierà, il mondo cambierà, ma la sua autenticità sopravvivrà a coloro che sono disposti a cercarla, a capirla, a rispettarla. Mentre mi alzavo da quel pavimento di legno, sapevo di aver trovato qualcosa di prezioso: la consapevolezza che, così come Kyoto, anch’io avevo attraversato un cambiamento, e che il vero tesoro di questa città non risiedeva solo nei suoi monumenti, ma nel cuore di chi la vive e la scopre veramente.

Claudia Zancan
(Dottoranda in Arte e Archeologia del Giappone, DSAAM, Università Ca’ Foscari Venezia)
Fig. 1
Giardino del tempio zen Kennin-ji della scuola Rinzai, il tempio zen più antico di Kyoto.
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Quadro zen del tempio Kennin-ji della scuola Rinzai raffigurante un cerchio, un triangolo e un quadrato.
Fig. 3
Giardino del tempio zen Jishō-ji della scuola Rinzai conosciuto come Ginkakuji-ji (Padiglione d’Argento), Kyoto.
Fig. 4 (1)
I coloro del kōyō del tempio buddhista di Jōjakkōji, Arashiyama (Kyoto).

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