Se oggi siamo quel che siamo, dominus e padroni del pianeta, lo dobbiamo a un processo di accumulo di memorie storiche, scientifiche e comportamentali che hanno generato un continuo miglioramento delle nostre capacità cognitive.
Tutta la nostra evoluzione, da cacciatori-raccoglitori fino a creatori di forme di intelligenza artificiale (AI), non avrebbe avuto luogo senza la cura e la trasmissione delle nostre memorie che hanno tracciato la strada di una straordinaria emancipazione figlia delle esperienze altrui. Il punto è proprio questo, chi cura e chi trasmette le memorie? Come si formano? Quali memorie si trasferiscono lungo i secoli?
Per risponde a questi interrogativi dobbiamo chiarire un aspetto che sfugge a molti. Nel nostro vivere quotidiano ci confrontiamo continuamente con due differenti memorie: quella interiore e quella esteriore.
La memoria interiore è quella accumulata dalle esperienze vissute da ogni singolo individuo, filtrata dalla percezione che si ha del mondo e spesso trasfigurata dalle emozioni che di volta in volta si provano nell’incedere della vita. La memoria interiore racconta chi siamo, in cosa crediamo e dove abbiamo intenzione di andare.
La memoria esteriore, di converso, è quella accettata dalla comunità come conoscenza, storia, tradizione e cultura condivisa. Essa viene custodita e trasferita lungo l’asse del tempo attraverso supporti artificiali non umani, non condizionati dalle emozioni o dall’usura del tempo. Nella memoria esterna l’assenza di pulsioni umane ne garantisce la natura quali-quantitativo nonostante il trascorrere degli anni.
Chiarito questo aspetto bisogna sottolineare che è proprio dall’interazione e dal conflitto tra memorie interne e memorie esterne che l’uomo ha generato quella crescita e quel cambiamento continuo prodromo della rielaborazione di vecchie convinzioni e di nuove idee capaci di dar forma a un futuro mai concepito prima. Sono proprio i conflitti generati dalle memorie (interne ed esterne) del passato che hanno spinto l’uomo verso il futuro.
La prima forma di memoria fu quella interiore.
Nell’uomo preistorico essa rappresentava un “esercizio” di trasmissione di piccoli saperi, le gesta dei cacciatori, le scoperte dei raccoglitori, i comportamenti virtuosi delle donne, quando accettati e riconosciuti validi dalla maggioranza della tribù, si trasformavano in conoscenza condivisa a cui poter attingere come “esperienza certificata” per evitare di ripetere sempre gli stessi errori.
Essa però pur essendo una memoria condivisa da tutti veniva custodita nella mente e nella coscienza di ogni singolo individuo, questo ne rendeva fragile la custodia in quanto ogni singolo essere poteva modificarla, deformarla o dimenticarla per effetto dello scorrere del tempo. Il limite delle memorie interne, infatti, era legato all’incertezza, andavano di bocca in bocca, da uomo a uomo, da donna a donna, da genitori a figli e a ogni passaggio la rievocazione dei fatti correva il rischio di essere trasformata, In altre parole questa forma di trasmissione essendo condizionata dal coinvolgimento emotivo di ogni singolo individuo non garantiva la correttezza di ciò che si tramandava rallentando di molto l’evoluzione umana.
Ben presto l’uomo preistorico comprese che non poteva più fare affidamento sulla sola mente umana per trasferire nel migliore dei modi migliaia di esperienze, fatti, informazione e dati. Queste difficoltà generarono la spinta alla nascita delle scritture e dei supporti materiali su cui poter ricordare ciò che è già stato fatto e che poteva aiutare a vivere meglio: nasce la memoria esterna.
Da questo momento in poi l’evoluzione umana fa un importante salto in avanti. Ogni uomo poteva attingere a fatti e conoscenze secondo le proprie esigenze, non più e non solo da altro essere, ma anche da fonte esterna asettica, non emotiva e disponibile su consultazione. Inoltre, le memorie custodite artificialmente contribuivano anche a un’altra importante rivoluzione nell’organizzazione delle società: la specializzazione.
Gli uomini, di fatto, potevano decidere a cosa dedicarsi, a quali memorie attingere e quali ignorare. La selezione delle memorie esterne con cui confrontarsi, studiare e apprendere forgiavano la loro conoscenza e di conseguenza la loro memoria interiore.
L’agricoltore, il mercate, il cacciatore, l’allevatore etc., potevano custodire ognuno la propria memoria specialistica, sia interna che esterna, rendendo l’operato dell’uomo sempre più efficiente e produttivo al punto da migliorarne la vita e il benessere.
Tornando al presente, possiamo osservare come ancora oggi i comportamenti umani siano il frutto della combinazione di queste due memorie, quella interna e quella esterna.
Ma se in passato l’uomo era nel pieno controllo delle sue memorie, nell’era della rivoluzione tecnologica il punto critico cui porre molta attenzione è quanto la pervasività del digitale stia pian piano eliminando quell’incessante osmosi tra memorie esterne e memorie interne.
La completa digitalizzazione della realtà, non ultima la nascita dell’intelligenza artificiale, impigrisce il nostro modo di stare al mondo e la nostra voglia di interazione con esso. C’è il rischio concreto di delegare alle macchine anche la costruzione della nostra memoria interna abdicando completamente al ruolo, che abbiamo sempre avuto, di spinta propulsiva verso la crescita personale e le trasformazioni sociali.
In altri termini, delegare le nostre memorie al mondo digitale condiziona pesantemente comportamenti e decisioni che adotteremo nella vita a venire. Le memorie, in ogni loro forma, hanno sempre rappresentano una bussola per indirizzare le nostre scelte, i nostri sogni, le nostre azioni. Comprese quelle legate alla gestione del denaro.
Si, il denaro!
Il ruolo che la gestione denaro ricopre nella nostra vita è divenuto oramai elemento inscindibile per la realizzazione dei nostri desideri, ma se esso non viene esercitato con il giusto equilibrio si rischia di dare al denaro un peso e un’importanza tale da distorcere ogni valore. Per questo integrare le esperienze passate (memorie) nella formulazione di comportamenti virtuosi per la corretta gestione del denaro è la chiave giusta per costruire un percorso finanziario solido e sostenibile nel lungo termine.
Come?
Uscendo dal torpore della delega al digitale.
Sono persuaso che essere nel pieno controllo della memoria interna, oggigiorno, sia un compito molto difficile e complicato, le scelte di apprendimento sono sempre più condizionate dal contesto digitale (es.: Social box; AI, Database, Clouds, Algoritmi etc…) e sempre meno dall’interazione umana.
Insomma, coltivare le nostre memorie comporta fatica, esse si stratificano e si consolidano solo grazie al tempo, le stesse però, se non vengono ben curate si indeboliscono e perdono di consistenza.
Un dispendio di energia poco apprezzato nell’era del tutto e subito, nell’era in cui basta un click per avverare un desiderio (effimero), acquistare un oggetto o prenotare un viaggio.
Si va formando così un impianto sociale che spinge molti a “delegare”, a non “faticare” lasciando che siano le strutture artificiali a tenere in vita anche la nostra memoria interiore.
Diventiamo in tal modo prigionieri di memorie che non ci appartengono perdendo interesse verso il mondo che ci circonda.
Stiamo rinunciando alla “fatica del vivere” in cambio di una “dolce apatia” nel migliore dei casi o di un “confortante nichilismo” nel peggiore.
La cura delle nostre memorie è l’ultima arma che abbiamo a disposizione per sottrarre la nostra vita alla scure del nuovo mondo digitale.