Ammanettato e immerso a testa in giù in una vasca di vetro e acciaio da archeologia industriale, l’Uomo Calamita sta per eseguire dal vivo il numero della Tortura cinese dell’acqua di Houdini. Il celebre “Re delle manette e della fuga” (che era ebreo e sfidava le autorità in un periodo ferocemente antisemita) dichiarò: “Non sarò mai in grado di costruire qualcosa di più pericoloso e difficile da eseguire”.
Chi è l’Uomo Calamita e qual è la sua storia? Ce lo facciamo raccontare dai sue due autori, Giacomo Costantini e Wu Ming 2. “L’Uomo Calamita è un supereroe assurdo che combatte l’assurdità del nazifascismo e della guerra. In realtà è un circense disoccupato perché il suo circo è stato sgomberato. Nel suo piccolo, riesce a far paura ai nazifascisti con poteri che oltre che inutili, non si sa se sono veri, ma sono amplificati dal mito che hanno creato” dice il circense.
“L’aspetto vero della storia è che il fascismo, ancor prima delle leggi razziali, iniziò a legiferare contro gli spettacoli girovaghi delle etnie sinti e rom. Con le leggi razziali e l’entrata in guerra ordinò di rastrellare e concentrare tutti i circensi e da giugno del ’40 proibì i circhi. Ci sono state brigate partigiane formate esclusivamente da sinti circensi come quella dei Leoni di Breda Solini attiva nella parte settentrionale della Provincia di Reggio Emilia e nella Provincia di Mantova. Come ci sono stati singoli circensi che magari di giorno facevano spettacoli di strada perché non potevano piantare il tendone e di notte andavano a fare sabotaggi. A Ponte dei Marmi (Vicenza) per esempio, ci fu un eccidio dove fra le vittime ci furono quattro circensi sinti insieme ai partigiani” spiega lo scrittore. Giacomo Costantini è insieme a Fabiana Ruiz Diaz cofondatore e condirettore artistico del Circo El Grito – un poetico “circo contemporaneo all’antica” . Contemporaneo per la sperimentazione con la musica, la danza, il teatro, l’opera, la letteratura, l’illusionismo… e antico per il fascino della strada e del tendone, per l’artigianalità, per essere fatto da una famiglia allargata e del SIC / Stabile di Innovazione Circense, il primo centro internazionale di produzione multidisciplinare dedicato al circo contemporaneo.
Wu Ming 2 fa parte di Wu Ming che fa parte della Wu Ming Foundation, “un collettivo di collettivi (di collettivi, e così via)”.
Nel 1999, a 25 anni, partecipa alla scrittura del romanzo “Q” firmato Luther Blissett, un “nucleo di destabilizzatori del senso comune” che l’anno dopo “si suicida” e rinasce come Wu Ming. Wu Ming in cinese significa “senza nome” e così si firmano molti dissidenti cinesi. Firmarsi “senza nome” implica il rifiuto dei meccanismi che trasformano gli scrittori in divi – i membri del collettivo non appaiono né in foto né in video ma solo “in carne e ossa” (le poche immagini che si trovano in rete non rispettano la loro decisione) – e la rinuncia del copyright a favore del copyleft. Nella sezione “e-book al popolo!” del sito della Wu Ming Foundation i loro libri, dopo qualche tempo dalla pubblicazione, sono scaricabili gratuitamente. Quando scrivono o partecipano individualmente ad altri progetti, come in questo caso, lo pseudonimo è seguito dal rispettivo numero. Il circo è il soggetto di tanta letteratura, come di tanta pittura, musica e di tanto cinema, ma “l’esperimento nuovo e estremamente fecondo”, dice Costantini de L’Uomo Calamita, “è l’entrata della letteratura nel circo. Non solo non si fanno reading sotto a uno chapiteau, ma soprattutto non ci sono altri scrittori che diventano circensi amalgamando completamente il loro linguaggio con quello dello spettacolo. In scena ci sono tre personaggi: il circense, il letterato e il musicista Cirro, Fabrizio Baioni, che sfoga su una batteria dub cattiva tutta la rabbia accumulata da quando i fascisti hanno ammazzato suo fratello”.
Sono stata invitata recentemente a moderare un incontro tra gli autori/interpreti e il pubblico alle fine di una rappresentazione al Teatro Vascello di Roma.
Ho partecipato con gioia perché amo molto questo spettacolo di realismo magico che ha fatto finora circa 120 repliche in pista e sui palchi in Italia e all’estero. Ci fa scoprire “la partecipazione di rom e sinti alla Resistenza, che era italiana ma in senso più ampio perché dentro c’erano tante anime di provenienze differentissime”,e capire che nel numero della Tortura cinese dell’acqua “la vasca e i suoi strumenti di contenzione simboleggiano il fascismo: l’apnea richiama i vent’anni di regime, le manette e la tortura sono gli strumenti che utilizzava con gli oppositori politici”, come narra Wu Ming 2.
E, mentre ammiriamo il funambolesco equilibrio fra destrezza circense e illusionismo e fra narrazione storica e fantasia,mentre restiamo anche noi col fiato sospeso durante l’esecuzione del numero più pericoloso di Houdini, mentre ci godiamo l’eccentrico incontro tra le arti, ricordiamo le nostre radici antifasciste. Ce n’è bisogno.