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Fra i Confini delle Parole: La Letteratura Femminile Classica Giapponese di Murasaki Shikibu

Esistono opere letterarie con cui un popolo, una nazione, un’intera cultura, s’identificano. Per noi italiani sono sicuramente il “Decameron” di Boccaccio, “La Divina Commedia” di Dante Alighieri, “Il Principe” di Niccolò Machiavelli o “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, per citarne alcuni. A pensarci bene, tante grandi opere italiane del passato sono state composte da autori maschili. Non abbiamo nessuna donna i cui scritti siano diventati così famosi fino al 1800-1900.
Non parliamo di raccolte epistolari o di trattati dal tema religioso come quelli scritti da Caterina da Siena (1347 – 1380) o da Caterina da Bologna (1413 – 1463). Ma di vere e proprie opere letterarie scritte per il gusto di intrattenere. In molti rimangono stupiti, perciò, quando affermo che in Giappone la situazione è ben diversa. Infatti, il primo romanzo al mondo è stato scritto da una donna della corte del Giappone antico. Questo autentico tesoro nascosto è il “Genji Monogatari” (源氏物語) o “La Storia di Genji,” un affascinante e articolato romanzo del Periodo Heian, risalente all’inizio dell’anno mille. Quest’opera è stata creata da una delle figure più enigmatiche e affascinanti nella storia della letteratura, Murasaki Shikibu紫式部 (973 circa – 1014 circa o 1025).
È complesso comprendere a pieno l’importanza dell’opera di Murasaki Shikibu senza immergersi nell’Epoca Heian (794-1189), un periodo di notevole splendore culturale e artistico. Durante questa epoca, considerata l’epoca classica giapponese, l’élite aristocratica si dedicò alla creazione di un vasto repertorio di opere letterarie, tra cui poesie, diari, storie d’amore e romanzi. Questa fervente attività letteraria vide le donne emergere come protagoniste, specialmente attraverso la stesura di diari di corte –  tipo il “Makura no Sōshi” 枕草子di Sei Shōnagon清少納言 (965/967 – 1025 circa) e il “Sarashina Nikki 更級日記” di Sugawara no Takasue no Musume 菅原孝標女 (circa 1008 – 1059) – che documentavano la complessità delle relazioni, i cambiamenti di stagione e le sfide affrontate dalle donne all’interno di una società altamente strutturata. L’importanza del ruolo della donna nella letteratura classica è strettamente legata all’evoluzione della lingua giapponese.
Inizialmente, infatti, nel V e VI secolo d.C. i giapponesi adottarono la scrittura cinese. Ciò portò a un sistema linguistico dualistico, con il cinese utilizzato come lingua erudita per documenti ufficiali, cronache e poesie ufficiali, mentre la lingua nativa del Giappone era considerata unica e superiore, con poteri evocativi magico-sacrali conosciuti come “kotodama” (言霊). Per adattare il giapponese, una lingua agglutinante e atonale, alla scrittura cinese, isolante e tonale, furono necessari secoli di sviluppo. Intorno al IX secolo, furono creati due sillabari fonetici, l’hiragana (ひらがな) e il katakana (カタカナ), per semplificare la scrittura.
Questi segni, chiamati kana, derivavano dai kanji cinesi. Solitamente, il cinese era usato principalmente dagli uomini, essendo la lingua ufficiale della burocrazia e quindi associata al prestigio. Le donne, spesso escluse dalla sfera politica e sociale, non sentivano la necessità pratica di imparare il cinese e preferivano concentrarsi sulla lingua giapponese, incoraggiate dall’introduzione dei segni kana. Lo hiragana, con la sua grafia elegante, si adattava bene all’estetica femminile, portando alla creazione del termine “onnade” 女手 (scrittura delle donne) in alternativa all’hiragana.
Ciò contribuì allo sviluppo del “wabun” (和文), uno stile giapponese che usava limitatamente parole di origine cinese e faceva ampio uso della trascrizione fonetica. Questo approccio creava sfumature linguistiche, definendo la lingua giapponese come un’arte ricca di significati impliciti. In tal modo, nonostante fossero spesso escluse dalla sfera del potere, le donne giapponesi ebbero un impatto significativo sullo sviluppo della lingua e della scrittura. Il punto culminante della produzione letteraria classica attribuita alle donne è rappresentato dalla nascita dei romanzi di corte. Questi romanzi, conosciuti come “monogatari” (物語), differiscono dai “nikki” in quanto opere narrative composte da prosa e poesia che raccontano storie di fantasia, non necessariamente veritiere, almeno non verificabili. Le storie nei monogatari non erano mere menzogne create per ingannare le donne o storie inventate per trascorrere il tempo durante le noiose giornate senza eventi. Lo scopo dei monogatari non era rappresentare in modo accurato la realtà circostante, ma piuttosto prendere ispirazione dalla realtà e arricchire gli eventi, sia positivi che negativi, con elementi inventati.
Il romanzo più celebre di questa tradizione è il “Genji Monogatari” (1008), scritto da Murasaki Shikibu. Questo romanzo offre un’immersione intima nella vita di corte, narrando le vicende amorose e politiche del protagonista, il Principe Genji.
Ma prima di parlare del Principe Genji, è importante dedicare qualche parola alla straordinaria vita della sua autrice.
Il nome “Murasaki Shikibu” era in realtà un soprannome il cui significato è ancora oggetto di discussione tra gli studiosi. “Murasaki” (紫) potrebbe tradursi come “viola”, riferendosi sia al colore dei glicini, simbolo della famiglia Fujiwara, sia a uno dei personaggi principali del romanzo, Murasaki no Ue. “Shikibu” (式部) indica la sua connessione con la corte imperiale, poiché era il titolo di un ufficiale di corte. Il suo vero nome rimane sconosciuto, rendendo la sua figura ancora più affascinante. Murasaki Shikibu nacque in una famiglia di basso rango all’interno del clan Fujiwara, che all’epoca deteneva il potere politico in Giappone. Nonostante il suo status sociale apparentemente modesto, ricevette un’educazione eccezionale da parte del padre. Si rivelò una studentessa brillante e appassionata di letteratura cinese, una materia insolita per una donna dell’epoca.
La vita di Murasaki Shikibu prese una svolta significativa quando seguì suo padre, nominato Governatore della provincia di Echizen, nel suo incarico. Tuttavia, nel 998, tornò a Kyoto per sposare Fujiwara no Nobutaka. Nonostante la loro felicità coniugale, il destino si rivelò crudele, poiché Nobutaka morì durante un’epidemia nel 1001, lasciando Murasaki vedova con una figlia. Questi anni di vedovanza furono decisivi per la donna poiché iniziò a scrivere “La Storia di Genji”.
Il “Genji Monogatari” si distingue per la sua ricca galleria di personaggi, con oltre 430 figure presenti nel romanzo, di cui circa 100 svolgono un ruolo principale nella trama. Murasaki Shikibu crea un mondo letterario vibrante, caratterizzando ogni personaggio in modo profondo, dai protagonisti agli sfondi. Ogni gesto e dialogo sono pervasi da personalità e emozioni, immergendo il lettore in un mondo abitato da individui autentici. Il protagonista, il Principe Genji, è una figura complessa e affascinante. Pur essendo descritto come bello, intelligente e dotato di talenti eccezionali, Genji è lontano dall’essere un eroe perfetto. Murasaki Shikibu gli conferisce difetti e debolezze che lo rendono umano e verosimile, sfidando le convenzioni letterarie e intrigando i lettori con la sua profonda umanità.
Nonostante il titolo possa suggerire altrimenti, il “Genji Monogatari” non si limita a Genji. Murasaki Shikibu dedica ampio spazio anche alle protagoniste femminili, dipingendo ritratti dettagliati e psicologie complesse. Queste donne che entrano nella vita del protagonista sono tutte uniche e rappresentano una straordinaria varietà di caratteri, sentimenti e sfumature emotive. Una tale profonda esplorazione dell’universo femminile è uno degli aspetti distintivi del romanzo e tra i motivi per cui continua a catturare l’attenzione dei lettori.
Il “Genji Monogatari” è senza dubbio l’opera letteraria più rappresentativa del popolo giapponese, con la sua elegante prosa, la nostalgia per un’epoca così ricca di fervore artistico, e la raffinatezza dei personaggi. La letteratura classica giapponese, rappresentata magistralmente da autori come Murasaki Shikibu, ci invita a oltrepassare i confini del tempo e dell’immaginazione. Attraverso opere straordinarie come il “Genji Monogatari,” Murasaki Shikibu ci ha regalato una finestra sulla complessità umana e la raffinatezza della cultura Heian.
Grazie a questi tesori classici, scopriamo che i veri capolavori letterari possono trasformare i confini in ponti, collegando le generazioni e le culture, per continuare a ispirare e illuminare il nostro cammino nel presente e nel futuro.

Claudia Zancan
(Dottoranda in Arte e Archeologia del Giappone, DSAAM, Università Ca’ Foscari Venezia)
fig. 1
Una scena dell’emaki (rotolo illustrato) del Genji Monogatari. L’emaki è stato realizzato nel 1130 d.C. ed è esposto al Museo Tokugawa di Nagoya, in Giappone
fig. 2
Frammento dell’emaki dal Genji Monogatari del XII secolo. Carta decorata in oro. L'autore del dipinto apparteneva all'alta corte durante il periodo Heian; si tratterebbe di Fujiwara Takashino o Takayoshi (藤原 隆 能,?1126 -1174?). Attualmente si trova al Museo Gotoh
fig. 3
Murasaki Shikibu, illustrazione di Tosa Mitsuoki (1617 – 1691)

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